ROMA Comincia con un mea culpa mixato con un’iniezione di ottimismo la comparsata di Matteo Renzi a Porta a Porta: «Di cose ne sbaglio tante, però gli italiani sanno che ci sto provando. L’Italia si è rimessa in moto, caspiterina!». Ma nel salotto di Bruno Vespa, nel day after del contestato decreto con i rimborsi una tantum, il premier parla soprattutto di pensioni. E conferma l’obiettivo di introdurre maggiore flessibilità.
POSSIBILITA’ DI SCELTA
«L’impegno del governo è chiaro», esordisce Renzi, «vogliamo liberare dalla legge Fornero quella parte di popolazione che, accettando una piccola riduzione, può andare in pensione con un po’ di flessibilità in più. L’Inps deve dare a tutti libertà di scelta». Entrando nel dettaglio: «Con la legge di stabilità stiamo studiando un meccanismo che consenta, ad esempio, di andare in pensione a 61 anni prendendo una trentina di euro in meno. Gli italiani sono intelligenti e dobbiamo dire: “Se vai in pensione a questa età prendi X, se vai a quest’altra età prendi Y. Scegli tu”». E tornando sulla questione della rivalutazione innescata dalla sentenza della Consulta: «Nel 2016 l’adeguamento all’inflazione riguarderà la stessa fascia» che il primo agosto prenderà il bonus introdotto dal decreto, «perché abbiamo un milione di bambini che soffre la povertà e se ho qualche soldo voglio usarlo per loro e non per chi prende 5 mila euro con il sistema contributivo».
Renzi non maschera poi il disappunto per la sentenza della Consulta e per la valanga di critiche. Soprattutto difende il decreto: «Per me sarebbe stato facile lamentarmi del passato, ma non faccio lo scaricabarile e mi prendo le responsabilità. C’era un problema e l’abbiamo risolto in 15 giorni, perché non possiamo perdere tempo e credibilità in Europa: se non avessimo fatto quel decreto a Bruxelles avremmo avuto dei problemi, avremmo perso i 6 miliardi ottenuti sfruttando la clausola di flessibilità». Ed entrando nel merito del rimborso da cui sono state escluse le pensioni più alte: «La sentenza della Consulta avrebbe imposto di pagare 18 miliardi di euro, ma i cittadini sanno che non ha senso spendere 18 miliardi per dare i rimborsi anche a chi sta abbastanza bene o bene».
Poi il premier, sollecitato da Vespa, apre il capitolo dei vitalizi dei politici: «Quella contro i vitalizi è una battaglia sacrosanta. Quelli che abbiano mandato a casa e che facevano il parlamentare, il consigliere regionale e il dipendente pubblico o privato, ne hanno tre o quattro ed è inaccettabile e insopportabile».
Non può mancare un capitolo dedicato al fisco. Il primo passaggio è un racconto...onirico: «Il mio sogno è pagare le tasse con lo smartphone». Il secondo è un siparietto con Vespa. Il conduttore dice è difficile completare il 730 pre-compilato e il premier replica: «Ho fatto due riunioni con il ministro Padoan e mi ha spiegato come si fa. Venga a palazzo Chigi e il precompilato glielo finisco io». Poi, tornando serio: «E’ una sperimentazione, ma si deve migliorare e semplificare. Presto anche le detrazioni sanitarie dovranno essere incluse, è assurdo che il sistema sanitario e quello delle Entrate non dialoghino».
«Per l’uscita anticipata a 62 anni riduzioni soltanto del 2% annuo». Il sottosegretario all’Economia: la legge Fornero non viene smantellata, al contrario resa sostenibile.
Obiettivo: regole più elastiche per lasciare il lavoro che entrino in vigore dal gennaio del prossimo anno.
Una penalizzazione dell’assegno, anche più consistente di quella ipotizzata nella proposta di legge presentata in Parlamento, in cambio delle libertà di scegliere in modo flessibile la data del pensionamento. Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia ma anche firmatario di quel testo legislativo insieme a Cesare Damiano e ad altri deputati, punta a fare entrare in vigore le nuove regole previdenziali già dal primo gennaio 2016.
«La linea della flessibilità ormai si sta affermando ed anche il presidente del Consiglio ha indicato di voler andare in questa direzione. È un’esigenza condivisa dal Parlamento ed anche dalle parti sociali».
Lasciare il lavoro prima in cambio di una pensione un po’ più bassa? Ma quanto più bassa esattamente?
«Nella proposta di legge ipotizziamo che sia applicata sulla quota retributiva della pensione una decurtazione del 2 per cento per ogni anno di anticipo, a partire dai 62, rispetto all’età di riferimento per la pensione di vecchiaia ovvero 66 anni. La penalizzazione però si attenua gradualmente se gli anni di contributi sono più di 35. Si può anche pensare a tagli più consistenti o ad una diversa modulazione. Le possibilità tecniche sono più di una e sul tema sta lavorando anche l’Inps».
Però anche immaginando di stabilire una penalizzazione che bilanci finanziariamente, nel medio periodo, l’anticipo dell’uscita, resta il fatto che all’inizio ci potrebbe essere un forte afflusso verso la pensione e dunque una spesa eccessiva.
«È vero, e infatti gli aspetti finanziari vanno valutati molto attentamente, anche con l’Unione europea. Ma vorrei far osservare che in questi anni abbiamo speso 11 miliardi per gli esodati, problema ora in larga parte risolto, e risorse ingenti anche per strumenti come la cassa integrazione in deroga, che di fatto serviva a gestire situazioni di crisi in cui lavoratori non avevano la via di uscita verso la pensione. Bisogna mettere anche questi soldi sul piatto della bilancia, perché con la flessibilità qualcosa si risparmierebbe».
Non c’è il rischio che iniziando ad allentare le regole si creino i presupposti per uno smantellamento della riforma Monti-Fornero? Il Paese può permetterselo?
«Credo anche io che non sia immaginabile rinunciare ad una riforma fondamentale come quella del 2011. Ma rovescerei la questione: l’attuale assetto rischia di essere travolto proprio se non costruiremo dei margini di flessibilità. La diga non reggerà, a meno che non si permetta un certo deflusso tramite controllato. Introducendo correzioni equilibrate alla legge Fornero, la mettiamo in sicurezza. Del resto i parametri resterebbero gli stessi, l’età di riferimento resta fissata a 66 anni, crescenti. In più una maggiore possibilità di uscita per i lavoratori anziani può creare più occasioni di lavoro per i giovani, favorire un po’ di ricambio generazionale».
Si parla molto anche di superamento dei diritti acquisiti e di ricalcolo delle pensioni con il contributivo. Sono temi collegati?
«Sono due temi diversi. Io credo che i tempi siano maturi per un dibattito serio sui diritti acquisiti. Si può ragionare di contributi di solidarietà, legati agli effettivi versamenti, ma ad una condizione: distinguere i trattamenti alti da quelli bassi e medi-bassi che non potrebbero certo permettersi un ricalcolo».