ROMA Andare in pensione a sessant’anni? Rinunciando a qualcosa, sarà possibile farlo. Il premier Matteo Renzi approfitta del salotto della trasmissione Porta a Porta, per annunciare che è in fase di studio un meccanismo, da inserire nella legge di Stabilità, «per dare un po’ di libertà in più» a chi vuole andare in pensione prima. Andando al senso pratico della questione, il premier spiega che a causa della legge Fornero ci sono donne sopra i sessanta anni che vorrebbero andare in pensione per stare con i nipoti, ma non possono farlo. Dunque, «noi vogliamo liberare dalla legge Fornero quelle nonne 60enni e dare loro la libertà di muoversi con meno vincoli. Spiegheremo però che, se si va via due anni prima, si perde qualcosa: circa trenta euro. È giusto che si sappia e che ci si possa regolare di conseguenza. Per questo l’Inps deve dare a tutti la libertà di scelta mettendo a disposizione i numeri». Lo stesso presidente dell’Istituto di previdenza, Tito Boeri, ha definito «importante» dare un po’ di flessibilità in uscita, ciò aiuterebbe l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Per permettere, a chi lo desidera, di andare in pensione in anticipo bisogna guardare al «sistema contributivo - ha spiegato il presidente dell’Inps - che è stato introdotto da noi a metà degli anni Novanta. Questo concede una certa flessibilità nell’età di pensionamento perché chi va in pensione prima ha delle pensioni più basse, quindi è sostenibile nei conti previdenziali». Intanto la Commissione europea ha promosso il decreto, approvato dal Consiglio dei ministri, sui rimborsi ai pensionati in seguito alla sentenza della Consulta. «Il provvedimento - si legge nella nota inviata da Bruxelles - lascia invariato il giudizio sul programma di stabilità, basato sulle stime economiche di primavera». Il via libera dell’Ue «ci fa recuperare credibilità internazionale», dice Renzi che sottolinea, più volte, come la questione sia stata risolta in 15 giorni: «Potevamo stare altri mesi a discutere, ragionare su che fare ma noi abbiamo deciso che 3 milioni e 700 mila pensionati avranno dei soldi in più e nessuno ne perderà». Poiché le polemiche da parte di chi dice che bisogna restituire tutto a tutti non sono mancate, il premier spiega che «se accettassimo il principio di chi dice che bisogna restituire tutto dovremmo dare 18 miliardi anche a chi prende 4-5-6mila euro. Ma io sento il bisogno di restituire un sacco di soldi a chi ha la minima, non a chi guadagna 5mila euro». Sul decreto interviene anche il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: «Abbiamo risposto alla sentenza della Corte, alla tenuta della finanza pubblica e alla necessità di un’equità. Abbiamo cercato di contemperare queste esigenze». Il plauso, a sorpresa, arriva anche dall’ex premier Enrico Letta, che negli ultimi tempi non ha risparmiato critiche al governo. «È una notizia se parlo bene di Renzi? In questo caso l’esecutivo ha fatto quello che doveva essere fatto. Era ed è una situazione molto complessa da gestire, una grana tremenda. Non mi sento di dover criticare, anzi». Anche l’ex commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, oggi direttore esecutivo del Fondo monetario internazionale, ha confermato che c'era «poco spazio per spendere di più» rispetto ai 2 miliardi e 180 milioni presi dal “tesoretto” e dirottati sul rimborso delle pensioni: «Il governo ha fatto la cosa giusta. L'impatto sarà limitato. Occorre però un provvedimento ben disegnato per evitare problemi legali in futuro». Adesso che i soldi messi da parte per varare nuove misure contro la povertà non ci sono più, Renzi lancia un appello: «In Italia ci sono 350 miliardi bloccati dalla paura del futuro, è l’entità dei risparmi nel biennio 2012-2014». Da qui per il premier bisogna partire per la risalita.