ROMA La manovra, decisamente molto complessa del governo, porterà dal 2016 ad un aumento «strutturale» delle pensioni fino a circa 3 mila euro lordi. Ma si tratterà, secondo le prime simulazioni, di incrementi mensili da pochi euro a poche decine di euro. La complicazione dei calcoli è data dal fatto che il decreto messo a punto da Pier Carlo Padoan, si incrocia con le rivalutazioni introdotte nel 2014 dal governo Letta che rimangono invece inalterate. Il provvedimento approvato la settimana scorsa prevede che per gli anni 2012 e 2013 il recupero dell’inflazione sia limitato al 40% dell’aumento dei prezzi per i redditi tra tre e quattro volte il minimo, per poi scendere immediatamente al 20% per quelli tra quattro e cinque volte e al 10% per le pensioni tra cinque e sei volte il minimo. Dopo di che il recupero si azzera. Questo significa, per esempio, che nel 2015 una pensione di 1.700 euro potrà avere come recupero dell’inflazione il 20% dell’aumento dei prezzi del 2012-2013 più il 95% di quelli del 2014. Dal 2016, invece, il decreto prevede che la percentuale di recupero dell’inflazione del 2012-2013 per le pensioni oltre tre volte il minimo salga al 50% a cui aggiungere sempre il 95% dell’inflazione del 2015. Sempre per stare all’esempio di una pensione che nel 2011 era di 1.700 euro lordi al mese, nel 2016 diventerebbe di circa 1.742 euro mensili. Una pensione di 1.500 euro, che nel 2011 era di poco superiore a tre volte il minimo, nel 2016 dovrebbe salire strutturalmente a circa 1.537 euro al mese. Una pensione di 2.700 euro lordi nel 2011, ripartirebbe sempre nel 2016 da 2.734 euro. Il meccanismo di rivalutazione, invece, si azzererebbe rapidamente in prossimità del tetto dei 3.000 euro lordi mensili di pensione. In questo caso nel 2016 l’assegno aumenterebbe in maniera strutturale di soli 12 euro lordi al mese.
I PROSSIMI PASSI
La notizia migliore per i pensionati, in realtà, è probabilmente proprio la conferma del meccanismo di rivalutazione Letta. Non modificando la norma del governo precedente, lascia inalterata anche la scadenza dei limiti alle rivalutazioni. Il blocco parziale, infatti, ha un termine già fissato: il 2017. Significa che tra poco più di un anno e mezzo tutte le pensioni, anche quelle più alte, torneranno ad avere un adeguamento pieno all’inflazione.
Parlando poi ieri alla Camera, Padoan ha anche spiegato quali saranno i rimborsi «una tantum» che i pensionati riceveranno il prossimo primo agosto per gli arretrati dal 2012 al 2014. Chi ha 1.700 euro lordi di pensione al mese riceverà 750 euro netti. Chi ha un assegno da 2.200 euro ne riceverà circa 460, mentre per chi incassa una pensione di 2.700 euro lordi mensili otterrà un rimborso di circa 280 euro. Gli assegni superiori a sei volte il minimo (circa 3.000 euro) non riceveranno invece nulla.
Il decreto di soli otto articoli messo a punto da Padoan, prevede anche altre norme in tema di pensioni, a cominciare dalle modifiche ai criteri di determinazione del coefficiente di capitalizzazione del montante contributivo. La questione è abbastanza delicata. I contributi che i lavoratori versano per alimentare la futura pensione, ogni anno vengono rivalutati con un coefficiente legato al Pil. Ma con la lunga recessione alle spalle e, dunque, con il Prodotto interno lordo negativo, invece di rivalutarsi i contributi rischiano di svalutarsi. Significa, per esempio, che se un lavoratore versa 1.000 euro di contributi, l’Inps potrebbe calcolagliene 990. Per ovviare a questo inconveniente il governo ha deciso di stabilire che il tasso annuo di ricapitalizzazione non possa essere inferiore a uno. Dunque anche se il Pil è negativo i contributi saranno rivalutati. Ma poi la norma aggiunge un altro inciso: «salvo recupero da effettuare sulle rivalutazioni successive».