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Data: 23/05/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
L’esercito dei 760 mila in pensione da 30 anni.

ROMA Si va in pensione sempre più tardi. Ma chi è riuscito ad evitare la riforma Fornero e 23 anni fa anche la stretta del governo Amato in molti casi si gode il suo assegno ormai da 35 anni. Il che vuol dire tre anni di pensione per ogni anno di lavoro. Su circa 9,4 milioni di pensioni di vecchiaia e anzianità, ben 229 mila gratificano infatti persone che sono andate a riposo prima del 1980. E se si prendono in considerazione gli ultimi 30 anni il conto sale a 760 mila persone con pensione previdenziale di vecchiaia, anzianità o prepensionamento. È quanto emerge dagli osservatori statistici Inps. E per dare un’idea di come siano cambiate le cose, nel frattempo, basti pensare che l’età media alla decorrenza per le pensioni erogate prima del 1980 era di 55 anni (53,3 per le pensioni anticipate) contro i 63,3 del 2014. Dunque l’Italia sconta tutt’ora gli effetti di una legge contestatissima cancellata poi nel ’92. Nel 1973 il governo Rumor inaugurò la controversa stagione delle baby pensioni, consentendo pensionamenti sprint. E cioè 14 anni, sei mesi e un giorno di contributi per le donne sposate e con figli e 20 anni per gli altri statali. Un’occasione irripetibile che determinò un esodo di massa: ad esempio in 17mila smisero di lavorare a 35 anni di età mentre altri 78mila andarono in pensione tra i 35 e 39 anni. Con un costo che, tutt’ora, pesa per circa 7 miliardi sulle casse dello Stato e che periodicamente spinge a sollecitare interventi. Ma ieri lo stesso premier Renzi ha voluto escludere ipotesi di ricalcolo delle pensioni retributive, anche per gli assegni più alti.
I DETTAGLI
Con la riforma Monti tutto è cambiato: tanto che chi comincia a lavorare adesso ha di fronte a sè la prospettiva di andare a riposo non prima dei 70 anni di età per poi godersi appena 15 anni di pensione. E che lo scenario futuro sia questo è confermato dai numeri attuali. Nel 2014 sono state erogate 83.822 pensioni anticipate rispetto all’età di vecchiaia con un calo del 43,7% rispetto alle 149.129 del 2011 (prima della riforma Fornero) e del 21,7% sul 2013. Si tratta del chiaro effetto della stretta sulle anzianità che prevede che per l’uscita servano 42 anni e sei mesi di contributi (41,6 per le donne). E il prossimo anno, in assenza di modifiche, il numero potrebbe restringersi ancora dato che aumenterà di 4 mesi, a causa dell’aumento della speranza di vita, il periodo di contributi necessario per uscire dal lavoro indipendentemente dall’età anagrafica (raggiungendo 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne). Nel 2003 il numero delle pensioni di anzianità liquidate era superiore di tre volte a quello del 2014 (256.917 contro 83.822) ma il dato in tutto il decennio è stato largamente superiore a quota 100.000. L’importo medio mensile delle pensioni anticipate liquidate nel 2014, grazie al maggiore numero di anni di contributi e al fatto che quelli anticipati rispetto alla vecchiaia restano trattamenti prevalentemente maschili, è pari a 1.760 euro a fronte dei 667 euro di quelli di vecchiaia.


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