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Data: 23/05/2015
Testata giornalistica: Il Centro
Padoan attacca la Consulta. Un milione di italiani in pensione da 30 anni

ROMA La premessa è che nei confronti della Consulta c’è «il massimo rispetto», come afferma il premier Matteo Renzi. Ma con la sentenza che ha bocciato il blocco 2012-2013 della rivalutazione per le pensioni superiori a tre volte il minimo, la Corte costituzionale «non ha valutato il buco» che avrebbe creato nei conti pubblici, dice il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, in una intervista a Repubblica, rilevando che «in un dialogo di cooperazione tra organi dello stato indipendenti, come governo, Corte, ministri e Avvocatura sarebbe stata opportuna la massima condivisione dell’informazione», non «ovviamente» nella fase di formulazione della sentenza, «perché l’autonomia della Corte è intoccabile», sottolinea il ministro, ma se ha «un’implicazione di finanza pubblica deve esserci una valutazione dell’impatto». L’auspicio, dunque, che «in futuro l’interazione sia più fruttuosa». La presa di posizione di Padoan provoca una dura reazione dalle opposizioni. Forza Italia chiede l’intervento del Quirinale. I deputati del Movimento 5 Stelle arrivano a parlare di «bestemmia istituzionale» commentando le parole del titolare di via XX settembre. Dal fronte sindacale, il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, difende la Consulta: «Non è un ufficio del ministero dell’Economia e delle finanze». Ma a far discutere sono anche le statistiche Inps secondo le quali nel 2014 c’erano ancora, esclusa la gestione dei dipendenti pubblici e dei lavoratori dello spettacolo che abbassano ulteriormente la media, oltre 760.000 persone in pensione di vecchiaia o di anzianità da oltre 30 anni (230.000 da oltre 35). È probabile quindi che nel complesso, tra pubblico, privato e spettacolo, le persone a riposo da oltre trent’anni sia superiore a un milione. Nel pubblico le pensioni di anzianità vigenti sono oltre 1,54 milioni, più della metà dei 2,8 milioni complessivi (comprese inabilità e superstiti). Le contraddizioni del sistema sono quindi sia tra le generazioni sia all’interno della stessa generazione. Chi ha cominciato a lavorare a 30 anni nel 1995 per non avere una pensione troppo bassa dovrà stare in ufficio fino a quasi 70 anni e avrà un aspettativa di vita con l’assegno in tasca di circa 15 anni. Le baby pensioni, del resto, riguardano ancora quasi 500.000 persone che si sono ritirate prima dei 50 anni. Secondo gli osservatori statistici Inps per gli oltre 229.000 pensionati di vecchiaia e anzianità (non sono comprese le invalidità previdenziali nè i trattamenti assistenziali) con assegni anteriori al 1980 l’età media alla decorrenza era di 55,27 anni (53,30 per quelli di anzianità). Se si guarda alla vecchiaia l’età media di uscita è aumentata di quasi 11 anni (da 55,7 a 66,4 grazie soprattutto all’aumento dell’età delle donne).

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