ROMA «Non riesco a trovare un termine migliore di giungla per descrivere il mondo delle partecipate» aveva detto allargando le braccia meno di un anno fa Carlo Cottarelli. E per rinforzare il concetto mister spending review aveva anche aggiunto che la stima di 7.726 aziende tracciata dal Tesoro doveva considerarsi un numero sbagliato per difetto. L’uomo che, per conto del governo Renzi, aveva tentato un censimento delle società pubbliche controllate dallo Stato e dagli enti locali aveva ragione. Il conto è molto più alto di quanto previsto. Ma soprattutto quel che una indagine della Uil conferma è che in questa giungla che Palazzo Chigi promette di disboscare entro fine 2015 ci mangiano davvero in troppi.
IL SISTEMA HOLDING
Si tratta di un esercito di consiglieri di amministrazione, con molte società pubbliche che hanno più consiglieri che dipendenti. Sono 26.500 i vertici delle 8.383 società e costano circa 600 milioni l’anno in gettoni di presenza e rimborsi, a cui vanno aggiunte oltre 22 mila persone preposte agli organi di controllo (collegi dei revisori e collegi sindacali). Se si scende nel dettaglio, si scopre che ci sono 3 mila organismi, appunto, in cui i dipendenti sono meno dei consiglieri. Il sindacato avanza anche alcune proposte per realizzare quella semplificazione dalla quale il governo dovrà recuperare i 13 miliardi che servono, occorre ricordarlo, a scongiurare l’aumento dell’Iva e delle accise che scatterà nel gennaio del 2016. La proposta sul tappeto è quella di ridurre i consiglieri e razionalizzare le società guardando soprattutto a quelle «costruite artificiosamente». Si chiede poi un accorpamento che consenta di farle crescere di dimensione per realizzare economie di scala. «Si potrebbe pensare - propone il segretario confederale Uil Guglielmo Loy - a un’unica società di trasporto locale per Regione e non a una moltitudine di società». Il check up della Uil sulle partecipate conta, tra società, consorzi, enti e fondazioni partecipati dalla Pubblica amministrazione, ben 8.383 realtà. Tra queste: 423 partecipate dalle amministrazioni centrali dello Stato (il 5% del totale); 7.472 (il 92,4% del totale) sono partecipate dal sistema degli enti territoriali (Regioni, Province, Comuni e Unioni dei Comuni); 218 (il 2,6% del totale) sono partecipate da altri enti pubblici (Enti previdenziali e Aci ).
La ricerca è ricca di dati. Emerge così che il cosiddetto «sistema Holding» delle partecipate degli enti locali si compone di 6.239 (l’83,5%) società con partecipazione diretta dei Comuni (società madri). Queste a loro volta possiedono partecipazioni in ulteriori 1.233 società (società figlie). I dipendenti delle partecipate dagli enti locali sono oltre 500 mila ma più di 5 mila società hanno meno di 5 dipendenti (in quasi 3 mila società i dipendenti sono meno dei componenti del consiglio di amministrazione); 2 mila società hanno da 5 a 100 dipendenti; 580 società hanno più di 100 dipendenti. Il valore economico che ogni anno muovono le società partecipate dagli enti locali supera i 40 miliardi di euro l’anno mentre le perdite ammontano a 1,2 miliardi di euro l’anno.
I NUMERI
D’altronde, sottolinea nel suo report la Uil, il malfunzionamento delle società pubbliche, molto spesso, viene fatto pagare 3 volte: in termini di servizi poco efficaci, di aumento delle tariffe per la gestione dei servizi e di aumento delle imposte locali. Infatti, secondo i calcoli sindacali, tra il 2012 ed il 2014 le imposte e le tasse locali sono aumentate del 6%. Occorre comunque ricordare che il governo Renzi, nel maxi-emendamento depositato al Senato sulla legge di Stabilità, ha previsto un taglio di 2.800 partecipate pubbliche. Nel provvedimenti si legge che «gli enti locali, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le università e gli istituti di istruzione universitaria pubblici e le autorità portuali, devono avviare un processo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, in modo da conseguire la riduzione entro il 31 dicembre 2015». La scure si abbatte, «anche mediante messa in liquidazione delle società che risultino composte da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti».