L’AQUILA - Non può essere la Corte dei conti a togliere le castagne dal fuoco al Comune dell’Aquila, dando il via libera alla transazione con la società Cgrt per chiudere la vicenda della mai nata metropolitana di superficie, la richiesta di un parere in tal senso viene bocciata affinché la funzione consultiva della magistratura contabile “non si trasformi in una modalità di coamministrazione”.
È quanto si legge nella deliberazione della sezione di controllo della Corte dello scorso 20 maggio che ha dichiarato inammissibile l’istanza del primo cittadino, Massimo Cialente, che confidava di avere un placet a prova di bomba per procedere a liquidare una somma superiore ai 6,5 milioni di euro all’imprenditore aquilano Eliseo Iannini.
Ma i giudici Maria Giovanna Giordano (presidente), Nicola Di Giannantonio (relatore), Lucilla Valente e Angelo Maria Quaglini non risponderanno mai alle precise domande dell’amministrazione, che chiedeva come dovesse comportarsi, se fosse giusto o meno pagare e per quali voci farlo.
Un altolà, quello della Corte, che, unito alla vittoria al Tar del Comune, ha raffreddato decisamente la trattativa per la transazione, cominciata anni fa da una richiesta di 30 milioni da parte di Cgrt e passata per altre quattro relazioni: dei consulenti Donato Carlea e Vincenzo Cerulli Irelli, del segretario generale del Comune, Carlo Pirozzolo, e del responsabile unico del procedimento, Carlo Cafaggi.
A questo punto Cialente ha passato la palla al Consiglio comunale, passando per il tramite della commissione consiliare Bilancio, presieduta dal consigliere di Sinistra ecologia libertà Giustino Masciocco, da sempre contrario a qualsivoglia esborso di ulteriore denaro da parte dell’amministrazione. Quest’ultimo ha già promesso incontri pubblici e trasparenza.
Nel frattempo, il giorno stesso del deposito del parere, il Comune ha disertato la prima udienza della procedura di mediazione avviata dai legali di Iannini, Massimo Manieri e Claudio Verini, nell’ambito della controversia giudiziaria in corso al tribunale ordinario.
L’INAMMISSIBILITA’ DELLA RICHIESTA
Discutendo dell’ammissibilità, viene ricordato dai giudici contabili che gli enti locali hanno la facoltà di chiedere alla Corte “pareri in materia di contabilità pubblica” ma anche che “la domanda deve integrare una duplice condizione di ammissibilità, preliminare alla trattazione”.
La prima condizione è che per inoltrare la richiesta occorra “la legittimazione attiva del soggetto istante: amministrazioni pubbliche munite della potestà di invocare la funzione e per esse i relativi organi abilitati a sottoscrivere la richiesta”, e questa viene ritenuta soddisfatta, visto che l’istanza arriva dal sindaco.
Ma la strategia del Comune si infrange contro la seconda condizione richiesta, che riguarda “l’oggetto della questione da sottoporre a parere: questioni generali in materia di contabilità pubblica”.
In tal senso nel 2006 la Sezione delle autonomie della Corte ha parlato di “ambito limitato alla normativa e ai relativi atti applicativi che disciplinano in generale l’attività finanziaria” per evitare, quindi, quello che viene definito dalle sezioni riunite come “l’inaccettabile risultato di immettere questa Corte nei processi decisionali degli enti territoriali”.
Così come non è possibile che i “consigli” della Corte abbiano, come avverrebbe nel caso della metro, “riflessi di natura finanziaria comportando, direttamente o indirettamente, una spesa”, in questo caso quella per la transazione.
In definitiva, “va esclusa, in questa sede, la prospettazione di indicazioni puntuali come quella sulla specifica vicenda amministrativo-gestionale descritta nella richiesta di parere in questione, che rientra nell’esclusiva responsabilità e discrezionalità dell’ente”.
I QUESITI senza risposta deL COMUNE
Tutto è cominciato il 30 aprile 2015 quando il Consiglio delle autonomie locali della Regione Abruzzo ha trasmesso una richiesta di parere del sindaco Cialente “in materia di indennizzo in favore di un’impresa ex articolo 2041 del Codice civile, a seguito di annullamento del contratto di lavoro con sentenza della Corte europea di giustizia recante l’accertamento che il rapporto fosse stato negoziato al di fuori delle norme di evidenza pubblica”.
L’articolo in questione norma la “azione generale di arricchimento” e spiega che “chi, senza una giusta causa (in questo caso il Comune, ndr), si è arricchito a danno di un’altra persona (la ditta, ndr) è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale”.
Insomma già nella richiesta se ricorrano gli estremi o meno per l’applicazione di quell’articolo, si nota la posizione politica che ha, o almeno ha avuto fin qui, l’amministrazione, come d’altronde affermato pure pubblicamente da Cialente.
Ma i quesiti posti dal Comune erano anche altri: se sussistono le condizioni, sapere se l’ipotesi di transazione con Cgrt va riconosciuta come debito fuori bilancio sulla base del Testo unico degli enti locali.
E ancora, ha chiesto l’ente alla magistratura contabile se “per determinare il decremento patrimoniale dell’impresa è sufficiente una semplice sommatoria dei sal (stati di avanzamento, ndr) per lavori, detratto l’utile d’impresa” ma anche se “la detrazione di quest’ultimo deve essere computata ex tunc o ex nunc”, ovvero dall’epoca dei lavori oppure da oggi.
Ultimo e decisivo quesito, “quante e quali voci di spesa possono essere riconosciute all’impresa per reintegrarla del danno emergente senza incorrere nel danno all’erario”. Si fanno anche alcuni esempi chiedendo alla Corte di valutarli: “sono riconoscibili - si chiede - le riserve sui Sal, la revisione prezzi, gli oneri per Iva, spese di progettazione e altre spese generali richieste e sostenute dall’impresa”.
Domande a cui la Corte dei conti non risponderà mai, rimpallando al Comune la responsabilità di valutare e procedere a suo rischio e pericolo con la transazione: ipotesi che ha raffredato notevolmente la volontà del primo cittadino di approdare alla definizione della vicenda.
DISERTATA LA MEDIAZIONE
“Il Comune non si è presentato affatto. Era prevedibile, è sempre così - sbotta l’avvocato Manieri parlando dell’udienza per la mediazione disertata qualche giorno fa - Sono anni che dicono che vogliono transare, probabilmente aspettavano la Corte dei conti. Cercavano uno scudo per non assumere responsabilità, ovvero quello che non dovrebbe fare un’amministrazione”.
Secondo il legale, “avrebbero potuto presentarsi, aderire alla mediazione e rinviare in attesa di quel parere, è uno strumento malleabile. C’era un impegno personale del sindaco a portarla a termine - ricorda - evidentemente si è tirato indietro”.
A questo punto, la battaglia proseguirà al tribunale civile, seguendo le indicazioni date dallo stesso Tar che si è detto incompetente, oppure con il ricorso al Consiglio di Stato, organo di secondo grado della giustizia amministrativa.