Le pensioni dei ferrovieri non sono speciali e non beneficiano di alcun privilegio. È un concetto che va ribadito dopo che alcuni articoli di giornale hanno “strillato” che i dipendenti del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane sarebbero favoriti nel trattamento pensionistico grazie al Fondo Speciale FS. Così il Gruppo in una nota stampa apparsa questo pomeriggio sul sito FSnews.
All’origine dell’attenzione – spiega il comunicato – ci sono alcuni studi condotti dall’Inps nell’ambito dell’Operazione Porte Aperte”.
Nella sua analisi, che tocca anche il Fondo Volo e il Fondo dei Dirigenti delle aziende industriali, dopo una breve storia del Fondo Speciale Fs, l’Inps simula un ricalcolo delle pensioni con il sistema contributivo. Ottenendo il risultato previsto: i trattamenti sarebbero più bassi di quelli erogati dal Fondo Speciale Fs sulla base della normativa succedutasi nel tempo (calcolo retributivo fino al 31 dicembre 2011).
In realtà il Fondo Speciale FS ha rimpiazzato il vecchio Fondo Pensioni dei Ferrovieri confluito nell’Inps dal 1° aprile 2000 per effetto della legge n. 488 del 1999. Al Fondo Speciale sono iscritti tutti i lavoratori già in servizio a quella data, nonché i lavoratori nuovi assunti, a partire sempre da quella data, nella sola Ferrovie dello Stato Italiane, la holding del gruppo. Tutti i lavoratori assunti nelle altre società del gruppo (Rfi, Trenitalia, Ferservizi, Italferr) dal 1° aprile 2000, sono iscritti, invece, al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti del settore privato (Fpld) presso l’Inps.
Il Fondo Speciale FS è destinato, quindi, ad esaurirsi.
Riguardo al calcolo della pensione, sul piano generale, il sistema retributivo, applicato ai lavoratori con più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 e per le anzianità contributive maturate da questi fino al 31 dicembre 2011 (a prescindere dal regime obbligatorio pensionistico di iscrizione, e quindi anche ai ferrovieri iscritti al Fondo Speciale) prevede che la pensione sia calcolata prendendo a riferimento la retribuzione percepita. Tale sistema ha tratto linfa, in passato, dal patto solidaristico tra generazioni, in virtù del quale la pensione di coloro che uscivano dal ciclo produttivo veniva finanziata dai contributi dei lavoratori attivi, sul presupposto che i contributi versati da questi ultimi fossero sufficienti ad alimentare le spese del sistema pensionistico. A un certo punto, questo calcolo non è stato più sostenibile a causa del progressivo invecchiamento medio della popolazione, dello squilibrio tra il numero dei lavoratori attivi e quello dei pensionati (con la conseguente riduzione dei finanziamenti sotto forma di contributi) e, infine, degli effetti delle politiche di pensionamento in vigore fino a tutto il 1995, che hanno determinato l’accesso anticipato alla pensione.
Per questi motivi, progressivamente, si è passati al sistema di calcolo contributivo (nel quale la pensione si basa sui contributi versati), determinando un importo lordo annuo della pensione più basso rispetto a quello con il sistema retributivo. Il sistema contributivo si applica ai lavoratori neo assunti e con primo accredito contributivo dal 1° gennaio 1996 (contributivi puri) e ai lavoratori che al 31 dicembre 1995 avevano meno di 18 anni di contributi (misti), relativamente alle anzianità contributive da questi maturate a partire dal 1 gennaio 1996.
I numeri attuali
La situazione stimata, relativa ai dipendenti attualmente in forza alle società del Gruppo, è la seguente:
Con la riforma Fornero, a partire dal 1° gennaio 2012 tutte le quote di pensione maturate da tale data, comprese quelle dei lavoratori retributivi puri, sono calcolate con il sistema contributivo. Nel contempo sono stati anche rideterminati i requisiti di accesso al pensionamento (età e contributi versati), validi per tutti i lavoratori, compresi i ferrovieri. Anzi, in particolare si rileva per i ferrovieri un regime meno favorevole su alcune prestazioni, come ad esempio la pensione di invalidità in costanza del rapporto di lavoro prevista, invece, per i lavoratori iscritti al Fpld, e l’esclusione dai benefici previdenziali per le lavorazioni usuranti – nel caso di macchinisti, capi treno, manovratori, naviganti – invece riconosciuti ad altre categorie analoghe (es. autisti di autobus).
Alle ragioni di carattere generale sopra evidenziate si aggiungono, per comprendere lo squilibrio rilevato dall’Inps riguardo al Fondo Speciale Fs, le scelte politiche effettuate nella prima metà degli anni ’90, finalizzate alla riduzione del personale nell’ambito della trasformazione dell’Ente Ferrovie dello Stato in Società per Azioni, per effetto delle quali oltre 60mila lavoratori sono stati prepensionati.
Nell’anno 2013, infatti, le pensioni a carico del Fondo Speciale Fs sono 229.432¹.
Per l’anno 2014, l’Inps prevede per il Fondo Speciale Fs un gettito contributivo pari a 674 milioni, contro un totale di spese per prestazioni pensionistiche pari a 4.895 milioni. In altre parole, il rapporto tra dipendenti in forza (ricavi) e pensionati (costi) è del 14 per cento².
Riguardo agli importi medi annui delle pensioni erogate ai ferrovieri³, confrontando queste ultime con quelle erogate da Fondi di settori con una “storia” analoga (ad esempio i telefonici e gli elettrici), possiamo riscontrare che quelle dei ferrovieri risultano in linea, quando non sono addirittura inferiori. A conferma del fatto che i ferrovieri non godono di privilegi di alcuna natura.
*Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti del settore privato: il dato medio annuo ricomprende anche le pensioni sociali.
Stando a questi dati, dunque, è inappropriato parlare di “assegni gonfiati” o “pensioni generose” in favore dei ferrovieri.
Lo squilibrio del Fondo Speciale FS è determinato dal numero delle pensioni erogate (in maggior parte calcolate con il sistema retributivo) rapportatoall’esiguità dei lavoratori che versano i contributi al Fondo (solo poco più di 44mila, rispetto alle 229mila pensioni erogate) e non dal valore medio annuo delle singole pensioni.
¹ Dati da Fonte INPS in “Bilancio di Previsione per l’anno 2013 e 2014”
² Come sopra
³ Come sopra