PESCARA Come sono iniziate le indagini sulla discarica di Bussi, l’iter processuale e che cosa pensavano i pm delle rivelazioni del Fatto Quotidiano sulle presunte pressioni sui giudici popolari. Ma quando le domande della commissione bicamerale di inchiesta hanno virato sulla bufera che ha coinvolto la sentenza di Bussi, l’audizione dei pm Anna Rita Mantini e Giuseppe Bellelli è stata secretata. I pm e la commissione. Sono stati i magistrati che per anni hanno guidato l’accusa del processo sulla discarica scoperta dalla Forestale nel 2007 i primi a entrare nella stanza della prefettura dove erano seduti i 14 membri della commissione presieduta dal deputato Pd Alessandro Bratti che, per tutto il pomeriggio, hanno ascoltato non solo l’accusa ma anche alcune parti civili del processo, il presidente della Regione Luciano D’Alfonso, l’assessore regionale all’Ambiente Mario Mazzocca e il sindaco di Bussi Salvatore Lagatta. I due magistrati sono stati ascoltati per circa un’ora e mezza insieme a un investigatore della Forestale e dopo aver risposto ad alcune domande tecniche si sono soffermati sull’iter processuale. Il processo. «Quello di Bussi è stato un processo anomalo», avrebbero detto i due pm alla commissione parlamentare riassumendo le tappe di un processo farraginoso: la discarica scoperta nel marzo 2007, lo svolgimento di due udienze preliminari fino al lentissimo approdo in Corte d’Assise nel 2012. Ancora due anni e, il 19 dicembre 2014, il processo si è concluso a Chieti con una sentenza di assoluzione e prescrizione per i vertici della Montedison, quando ormai erano trascorsi sette anni dalla scoperta della discarica dei veleni. E’ anche questo quello che Mantini e Bellelli hanno spiegato alla commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, una commissione che ha poteri molto estesi con la facoltà di acquisire atti e ascoltare, quindi, i testimoni. La commissione ha inoltre acquisito il ricorso in Cassazione presentato dalla procura e che è ancora pendente. Dopo un’ora e mezza, i magistrati hanno lasciato la prefettura e, a quel punto, nella stanza è entrato il sindaco di Bussi Lagatta e, poi, D’Alfonso, accompagnato dall’assessore Mazzocca. D’Alfonso. Al termine della testimonianza, il governatore ha detto soltanto che le domande della commissione hanno riguardato il tema della bonifica di Bussi e della reindustrializzazione. A quel punto, è stata la volta dell’avvocato del Wwf Tommaso Navarra, parte civile del processo. Navarra ha presentato una memoria riguardante da un lato la posizione delle strutture di controllo e l’assenza di interventi per decenni e dall’altro l’operatività delle associazioni ambientaliste e il contributo che hanno dato all’accertamento dei fatti. Non spaventare chi sa. La memoria del legale era incentrata su «quattro punti» con l’incipit «Occorre non spaventare chi sa»: la frase manoscritta da un ex dirigente della Montedison ed entrata nel processo la cui sentenza, alla fine, ha spazzato via l’accusa. Anche Navarra, nella sua memoria, ha ricordato alla commissione i «ritardi» e la «farraginosità del meccanismo giudiziario» con il primo rinvio a giudizio solo nel 2009. Intorno alle 19 e dopo aver ascoltato il presidente di Legambiente Giuseppe Di Marco, il presidente Bratti ha commentato: «Abbiamo ricavato nuove informazioni che cercheremo di mettere assieme per approfondire alcuni aspetti non ancora chiari. Ci sono ancora attività processuali in corso che meritano l’attenzione giusta e ci potrà essere qualche novità. Si tratta di una situazione complicata. Diciamo», ha concluso Bratti, «che c’è stata una sottovalutazione del problema nel passato, una minimizzazione».