Il segretario generale della Cgil commenta la relazione all'assemblea di Confindustria. "E' molto preoccupante che un intervento basato sull'innovazione proponga la ricetta più antica del mondo: la riduzione dei salari".
"Mi preoccupa che in una relazione fondata sull'innovazione si proponga in realtà la ricetta più antica del mondo, cioè quella della riduzione dei salari". Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ha commentato la relazione di Giorgio Squinzi, presidente della Confindustria, pronunciata oggi (giovedì 28 maggio) all'assemblea annuale degli industriali. Lo riporta l'Adnkronos.
"Mi pare che la relazione di Confindustria - ha detto - nella prima parte dica esplicitamente che sono fattori esogeni quelli che stanno determinando la ripresa nel nostro paese. Che Confindustria abbia una opinione diversa sul Jobs Act non è una notizia. La cosa che invece preoccupa è che, in una relazione fondata sull'innovazione, si proponga in realtà la ricetta della riduzione dei salari. E' esattamente l'opposto di ciò che serve al paese per crescere". La ripresa, ha aggiunto, "senza investimenti e iniziative strutturali sarà del tutto effimera".
La "linea" del premier Renzi, ovvero "delegare alle imprese il tema della crescita del paese forse non funziona e non aggredisce il nodo disoccupazione". Per Camusso, dai dati Ocse emerge "che il grande tema del nostro paese continua a chiamarsi disoccupazione, che il divario con l'Europa è sempre più evidente anche rispetto alle soluzioni di uscita dalla crisi". A suo avviso, inoltre, "non hai una risposta sul tema della disoccupazione giovanile se non lanci una consistente politica di investimento e industriale che crei lavoro". Nella lettera inviata a Confindustria, Renzi afferma di stare a fianco del settore manifatturiero: "Stare con il manifatturiero da parte di un governo vorrebbe anzitutto dire avere un'idea di politica industriale".
Una battuta anche sull'incontro di ieri tra governo e sindacati, sul tema degli ammortizzatori sociali. "Per quello che siamo riusciti a capire, in assenza delle norme, siamo in presenza di un restringimento degli ammortizzatori. Fare una discussione su un tema così complesso come gli ammortizzatori sociali, senza accedere ai testi delle norme, dimostra la finzione di questi incontri".
LA RELAZIONE DI SQUINZI
Agli industriali le scelte dell'esecutivo vanno bene così. “Oggi non ho richieste, né intendo lamentarmi con il governo di alcunché. Gli chiedo semplicemente di non smarrire la determinazione”. Così il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, all'assemblea annuale che quest'anno si è svolta all'Expo di Milano. “Qualcosa e non poco si muove e sta cambiando. Le riforme avviate e alcune misure di politica economica adottate - ha affermato - testimoniano del lavoro svolto dal governo e sono una cifra importante anche dell'impegno di Confindustria in favore delle imprese”.
Ribadito il giudizio positivo sul Jobs Act e sul decreto Poletti (“finalmente, dopo anni ci allineano ai nostri competitori europei in materia di lavoro”), bene la delega fiscale che “scrive le regole di un fisco diverso, anche se la pressione fiscale resta a livelli intollerabili per cittadini e imprese”. Alle parti sociali l'invito è questo: “Rivendichiamo il diritto di essere noi stessi a regolare i nostri rapporti, piuttosto che qualcuno proceda per legge”. Sul fronte delle regole sui contratti “servono legami più forti e stringenti” tra salari e produttività, evitando che “le imprese siano costrette a sommare i costi di due livelli di contrattazione”.
Dopo l'accordo “importante” sulla rappresentanza, aggiunge il numero uno di Confindustria rivolgendosi ai sindacati, “ora bisogna mettere ordine nelle regole della contrattazione e accompagnare la stagione dei rinnovi alle porte. Servono relazioni industriali moderne e al passo con la competizione”. Non piacciono però a Squinzi le “campagne sindacali, azienda per azienda, per riconquistare con forza ciò che secondo qualcuno è stato tolto con la legge”. Già “in molti casi le imprese e i lavoratori condividono a livello aziendale, attraverso i premi di risultato, i miglioramenti raggiunti: un tipo di contrattazione utile alle imprese e alle persone che vi lavorano: i contratti collettivi nazionali devono incoraggiare ad andare in questa direzione”.
La funzione del contratto nazionale, ha concluso, “è accompagnare con intelligenza questo processo evitando che le imprese siano costrette a sommare i costi di due livelli di contrattazione”. Un quando nel quale l'autonomia delle parti sociali “va difesa come valore” e per farlo servono “responsabilità e concretezza, anche perché le relazioni sindacali sono attese da un'altra e ben più significativa sfida: concorrere al rinnovamento della sostenibilità del nostro sistema di protezione sociale”.