ROMA Eccoli finalmente, stanno arrivando a cascata anche sull’occupazione. Sono gli effetti della ripresa spinta da fattori esogeni (Qe della Bce, tasso di cambio euro/dollaro, quotazioni petrolio) ma anche dalle misure adottate dal governo, come la decontribuzione, gli sgravi Irap, il Jobs act. Eccoli finalmente i numeri che aspettavamo: ad aprile ci sono stati 159.000 occupati in più rispetto al mese precedente (+0,7%) e 261.000 rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Il balzo, certificato dall’Istat, arriva dopo due mesi di calo che avevano sollevato non poche polemiche visto che nel frattempo Ministero del Lavoro e Inps parlavano di recupero.
Stavolta anche l’Istat conferma: il mercato del lavoro si sta muovendo nella direzione giusta. E in tutte le sue sfaccettature: oltre al dato secco sul numero degli occupati (ritorniamo ai livelli di fine 2012) che porta il tasso di occupazione al 56,1% (+0,4% su marzo; +0,7% su aprile 2014), il mese scorso c’è stato anche un miglioramento del tasso di disoccupazione generale (i due dati non sempre si muovono in parallelo) che è calato al 12,4% (-0,2 punti) e persino di quello giovanile che si abbassa al 40,9% (-1,6 punti). A livello di numeri assoluti significa che in giro, rispetto a marzo, ci sono 40.000 disoccupati in meno (il numero non coincide con l’incremento degli occupati, anche perché molte persone inattive hanno ripreso fiducia, sono -328.000 su base annua, e si sono messe a cercare un’occupazione ingrossando le file dei senza lavoro ufficiali). Bene anche il primo trimestre, con 133.000 occupati in più su base annua.
Per il governo è chiaramente un risultato che fa gioire. Il premier Renzi sottolinea che aprile è «il primo mese pieno di Jobs act» (il nuovo contratto a tutele crescenti è entrato in vigore il 7 marzo). E aggiunge: «Avanti tutta su riforme: ancora più decisi». Esulta il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: «Abbiamo alle spalle il disastro fatto in questo Paese con il precariato» dice, riferendosi al maggior ricorso alle assunzioni a tempo indeterminato. «Oltre ai numeri - commenta il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan a margine dell’Ocse - è la composizione che è incoraggiante: nella crescita ci sono più investimenti e si iniziano ad avere dei risultati sull’occupazione, che sono il vero test».
RECESSIONE ALLE SPALLE
E proprio dall’Ocse arriva lo stimolo a procedere così. E il Jobs Act si guadagna una lode: «Ha il potenziale per migliorare drasticamente il mercato del lavoro». Nell’Economic Outlook la crescita del Pil per il 2015 è mantenuta al +0,6%, ma è rivista al rialzo quella per il 2016, da +1,3% delle stime di marzo a +1,5%.
Che il Jobs act sia un ingrediente fondamentale per l’aumento dell’occupazione, ne è convinto il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: «Deve funzionare assolutamente». Il quale invita però alla prudenza: «Da solo il Jobs act non fa ripartire il mercato. Il vero problema è far ripartire i consumi interni e portare avanti con decisione le riforme». Prudenza, pur in un quadro di soddisfazione, è l’avvertenza anche dei sindacati. «Faremo una valutazione nel semestre» dice il numero uno Uil, Carmelo Barbagallo. A sua volta Annamaria Furlan, rifacendosi anche alle parole di papa Francesco, ricorda «la situazione ancora molto difficile» e auspica «un patto sociale» che metta da parte «le litigiosità». Cosa per ora non proprio facilissima. Lo ricorda Squinzi: c’è l’accordo sulla rappresentanza impantanato. E ci sono le polemiche sui contratti, montate dopo la proposta di Confindustria di legarli alla produttività. A questo proposito Squinzi chiarisce, replicando alla leader Cgil, Susanna Camusso: «Il nostro obiettivo è aumentare i salari ed i salariati, non siamo revanscisti».