ROMA Due giorni di confronto per unire ciò che la politica ha diviso. Per lanciare Coalizioni sociali in ogni territorio. Per far partire siluri come il referendum sul jobs act e il ddl scuola. Ma non per costituire l’ennesimo partitino. Sabato e domenica si presenta a Roma la Coalizione Sociale, a una settimana dall’esito delle Regionali. Col suo carico di astensioni e con la novità della gioiosa macchina da guerra renziana alla sua prima battuta d’arresto. «Ma se qualcuno - precisa Maurizio Landini, segretario della Fiom e anima del nuovo movimento - pensa che noi vogliamo costruire recinti o nuovi partiti si sbaglia di grosso. Ma allora che cosa è la Coalizione sociale? «La rappresentanza di quanti non si riconoscono nella cattiva politica e unirli. Milioni di non votanti non sono anti politica ma rifiutano questa politica». Sembra quasi un parlare d’altro... «Affatto. La Coalizione sociale vuole unire ciò che altri hanno diviso. A partire dai territori riportando al centro il lavoro, i diritti, la partecipazione». Deluderà quanti si aspettavano la definizione di uno spazio nuovo a sinistra. «Se parlo di unione mi riferisco a cose concrete: la riconquista dello Statuto dei lavoratori non riguarda solo i dipendenti, cambiare la scuola e impedire la riforma governativa non è questione di soli docenti e studenti, eliminare la corruzione non riguarda solo gli addetti ai lavori. E poi la casa, la salute... Bisogna unificare persone, movimenti, associazioni. Mi sembra importante». Questioni che riguardano anche il sindacato. «Non c’è dubbio che serva un sindacato più aperto, più democratico». L’occupazione segna una leggera crescita: merito del jobs act? «Servono milioni di posti di lavoro. Vorrei sapere invece quanti sono quelli sbandierati che invece già esistevano sotto altre forme. Oggi si parla di ripresa grazie a condizioni più favorevoli per l’export in alcuni settori. Ma prima di fare propaganda bisogna capire come fare per recuperare le centinaia di migliaia di posti persi e riflettere sul perché grandi gruppi industriali sono fuggiti dall’Italia. Fino ad ora le risposte sono state nel rendere più facili i licenziamenti». Torniamo alla politica, nel senso dello sbocco delle proteste sociali. «Io osservo la politica e non sono certamente neutrale. Ma la Coalizione sociale non vuole rifondare la Sinistra. Nasce infatti fuori dai partiti con l’intento di ricostruire un’unità sociale che ora è rotta. E mobilitare il Paese su diritti, lavoro, reddito di cittadinanza, scuola pubblica». Come vi opporrete allora al governo Renzi? «Ci sono molte strade. Una ad esempio è il referendum abrogativo contro il jobs act o il ddl della scuola». L’esecutivo però dice di voler andare avanti. «Il voto dimostra che non ha il consenso della maggioranza degli italiani. Ora è chiaro ed evidente a tutti. Le sue riforme sono sbagliate e sono state ispirate dalla lettera della Bce del 2011. Vale a dire: superare l’articolo 18, privatizzare i servizi, toccare le pensioni, abolire le province. In realtà Renzi prosegue il lavoro avviato da Monti e Letta». Sabato e domenica riunirete movimenti, associazioni e persone. Le prossime tappe? «A Roma sarà un momento di confronto aperto davvero a tutti. Non vogliamo lasciare soli nessuno, lavoratori, precari, disoccupati e molte altre figure professionali. L’idea è quella di far nascere tante Coalizioni sociali in tutti i territori dell’Italia facendole diventare luoghi di partecipazione. I referendum saranno uno strumento. Bisogna avviare processi politici che unifichino una società a pezzi e un mondo di lavoratori ora in competizione».