CHIETI La partita a tre si dissolve in 12 ore. Di Primio dà il benservito definitivo all’ago della bilancia Di Paolo: lo incontra e gli offre un piatto di lenticchie. Febo si sposta a sinistra: raduna i suoi candidati e sulla scena piomba la giunta D’Alfonso compreso Mazzocca di Sel. Il pacchetto di voti del leader di Giustizia sociale non fa più gola ai competitor del ballottaggio anche se, per telefono, Di Paolo sostiene il contrario. Parla di un Di Primio «in ginocchio ai suoi piedi». Ma il sindaco uscente ieri non ha incontrato solo l’uomo-partito. Li ha visti tutti, tranne Raimondi, gli ex candidati sindaco. A nessuno ha proposto apparentamenti e poltrone. A Di Paolo resta solo la carta Luigi Febo che però non muore dalla voglia di cedergli posti in consiglio e ricarica i suoi. Ore 19.45, Febo, scarpe rosse da corsa per spiccare la rincorsa su Di Primio, inizia a parlare ai candidati che hanno riempito la sala del Parco Paglia. La stessa dove fece il primo incontro per le primarie. Allora, però, c’erano più gente ed entusiasmo. A tirargli la volata sono gli assessori regionali Giovanni Lolli e Silvio Paolucci, il sottosegretario alla presidenza Camillo D’Alessandro, il segretario regionale del Pd Marco Rapino, e il candidato più votato del centrosinistra, Alessandro Marzoli. Non c’erano invece i consiglieri uscenti Marco Marino, Gabriele Salvatore e Renato Di Salvatore. Ma la sorpresa arriva alla fine. Quando sbuca l’assessore regionale di Sel Mario Mazzocca. A quel punto torna il silenzio in sala. «Domani faremo un coordinamento regionale di Sel per assumere una decisione condivisa», dice Mazzocca, «per correttezza non posso anticiparne i contenuti, ma la mia presenza qui, significa comunque qualcosa». Proprio Sel e L’Altra Chieti sono spuntati spesso nel discorso di Febo in tema di alleanze. Una volta sola, invece, Febo nomina Giustizia Sociale, Roberto Di Monte e Antonello D’Aloisio. «Le alleanze», ha detto, «le facciamo noi. Non la Regione né il partito. E ieri abbiamo deciso la strada: si va in base ai programmi, cerchiamo un progetto unitario sui temi concreti e non sulle poltrone». La parola apparentamento quindi non esce dalla bocca di Febo (la dirà domani sera) che però rilancia i temi della campagna elettorale, ma lo fa con maggiore decisione di quanto fatto sinora. Se ne sono accorti anche in platea, dove qualcuno ha urlato «bisognava farlo prima». Alle 20.30 parte una riunione ristretta. Ed i giornalisti, affettuosamente ribattezzati “spie”, vengono invitati a lasciare la sala.