ROMA Trentacinque miliardi di euro sono molto più dell’intero gettito di un anno delle tasse sulla casa. Oltre tre volte il costo annuale del bonus da 80 euro del governo Renzi. Più del doppio di quanto sarebbe costato restituire tutta l’inflazione a tutti i pensionati che erano finiti nel blocco della perequazione. Insomma, una cifra monstre, difficilmente sostenibile per i conti dello Stato. Eppure a tanto ammonterebbe l’esborso che il Tesoro dovrebbe finanziare se il prossimo 23 giugno la Corte Costituzionale dovesse decidere che il blocco del contratto degli statali, che ormai va avanti da sette anni, è incostituzionale. Ma il condizionale è d’obbligo. La cifra dei 35 miliardi è contenuta nella memoria difensiva dell’avvocato dello Stato Vincenzo Rago, incaricato di difendere le posizioni del governo di fronte alla Consulta. Nella sue conclusioni, il documento si sofferma «sull’impatto economico delle disposizioni censurate». Un impatto, come detto, pesantissimo, perché, sostiene il documento, «l’onere conseguente alla contrattazione di livello nazionale, per il periodo 2010-2015, relativo a tutto il personale pubblico, non potrebbe essere inferiore a 35 miliardi di euro, con un effetto strutturale di circa 13 miliardi di euro, a decorrere dal 2016».
IL BALLO DELLE CIFRE La Corte, sostiene l’avvocatura, dovrebbe tener conto nella sua decisione dell’articolo 81 della Costituzione, quello modificato con il Fiscal compact, e che prevede l’equilibrio tra le entrate e le uscite del bilancio pubblico. In realtà la mossa dell’avvocatura va letta anche in un altro senso. Nel caso della sentenza sull’adeguamento delle pensioni, l’organismo chiamato a difendere i provvedimenti del governo, aveva sottostimato in soli 5 miliardi di euro l’impatto di una sentenza negativa. Sentenza il cui costo, invece, è stato poi certificato dal Tesoro in 17,6 miliardi di euro, anche se poi il governo ha deciso di limitare i rimborsi a soli 2,2 miliardi. Ne erano seguite aspre polemiche. Dunque, questa volta, l’avvocatura ha deciso di non ripetere lo stesso errore e ha inserito nella sua memoria quella che potrebbe essere considerata una sorta di stima massima. L’importo, tra l’altro, è stato immediatamente contestato dai sindacati. La Confsal Unsa, il sindacato che ha presentato uno dei ricorsi finiti alla Corte, ha parlato di stime «gonfiate», sostenendo che restituendo ”tutto a tutti” il costo sarebbe di 30 miliardi con un impatto sui conti di 15 miliardi, e un esborso a regime di 6,9 miliardi. Anche la Flp, altro sindacato ricorrente, ha parlato di stime esagerate il cui scopo sarebbe quello di fare pressione sulla Consulta. Stessa tesi sostenuta da Cgil, Cisl e Uil in un comunicato congiunto. Il punto è che la sentenza sul blocco dei contratti pubblici, ha molti punti di contatto con quella sulle pensioni. A cominciare dal giudice relatore del provvedimento, Silvana Sciarra. Ma anche per il fatto che la Corte ancora non opera con il plenum dei suoi componenti, circostanza che nel caso delle pensioni ha pesato perché la bocciatura del blocco è avvenuta con un solo voto di scarto. Da qui al 23 giugno, tuttavia, ci potrebbe essere il tempo di nominare i due componenti di nomina parlamentare. L’11 giugno il Parlamento si riunirà in seduta comune. In caso d’intesa, e compatibilmente con i tempi tecnici necessari, la composizione della Corte chiamata a decidere sugli statali potrebbe essere diversa da quella delle pensioni.