ROMA L’occupazione è tornata a crescere lievemente nel primo trimestre 2015 ma la strada da percorrere è ancora lunga per agganciare l’Europa e tornare ai livelli pre crisi: lo confermano le statistiche Istat secondo le quali nel primo trimestre 2015 c’erano ancora quasi 7 milioni di persone disponibili a lavorare (ai 3,3 milioni di disoccupati vanno aggiunti 3,5 mln di persone che pur essendo disponibili all’impiego non cercano attivamente e quindi rientrano tra gli inattivi) ma senza occupazione. Sulla necessità di investire sul lavoro come primo obiettivo della politica si è espresso il premier, Matteo Renzi definendo il reddito di cittadinanza «incostituzionale» e «la cosa meno di sinistra che esista. Compito della politica - ha detto - è creare le condizioni perché ci sia lavoro per tutti e non assistenzialismo». La prossima settimana il consiglio dei ministri dovrebbe dare il via libera agli ultimi decreti attuativi del jobs act, tra i quali la riforma degli ammortizzatori sociali con l’estensione della cassa integrazione anche alle imprese più piccole (con un contributo variabile a seconda delle dimensioni tra lo 0,45% e lo 0,65% della retribuzione) e la stretta sulla durata dell’indennità. L’Italia ha ancora un tasso di disoccupazione superiore alla media Ue (nella media 2014 12,7% contro il 10,2% dell'Ue a 28 e l’11,6% dell’area euro) ma soprattutto ha un tasso di attività (occupazione più disoccupazione) di quasi 10 punti inferiore alla media Ue. Tra i 15 e i 64 anni nel 2014 solo il 63,9% delle persone era nel mercato del lavoro, il livello più basso in Europa (72,3% l’Ue a 28). L'Italia in questi 10 anni ha fatto passi avanti inferiori alla media. La responsabilità del divario con l’Ue è soprattutto del basso tasso di attività femminile (54,4%), di oltre 12 punti inferiore alla media Ue e di circa 25 punti rispetto alla Svezia (79,3%). Oltre tre milioni su 7 di coloro che sono senza lavoro pur essendo disponibili a lavorare, sono persone con meno di 35 anni. Sono, infatti, in questa fascia di età (15-34 anni) 1.663.000 disoccupati e 1.347.000 tra coloro che si dicono disponibili a un impiego ma non hanno fatto azioni di ricerca nelle settimane precedenti la rilevazione. Una parte consistente sono scoraggiati, ovvero persone che non cercano impiego perché ritengono di non poterlo trovare. E un segnale di questa difficoltà è in un’altra statistica Eurostat sulla percentuale dei giovani che lavorano entro tre anni dalla laurea: l’Italia è la peggiore dopo la Grecia con appena il 49,6% dei laureati tra i 20 e i 34 anni che lavora a meno di tre anni dalla laurea. Una percentuale di quasi 30 punti inferiore alla media Ue a 28 (78,3%) e in netto peggioramento rispetto al 2008 (quasi 18 punti dato che era al 67%). Nello stesso periodo la media Ue a 28 ha perso meno di 7 punti. Le differenze con gli altri Paesi sono significative, a partire dalla Germania che registra un tasso di laureati occupati a tre anni dal titolo del 92,4%, in crescita dall’89,6% del 2008. Solo nell’ultimo anno in Italia si sono persi oltre 5 punti (dal 54,7% al 49,6%) mentre la Francia si manteneva vicina all’80% (dal 79,5% al 78,2%) e il Regno Unito viaggiava sull’83% (dall’84,7%). Le percentuali sono ancora più drammatiche si si guarda a chi ha un lavoro entro tre anni dal termine del periodo formativo avendo col diploma: tra i 20 e i 34 anni l’Italia è all’ultimo posto con il 36,9% di occupati, peggio della Grecia (38,4%).