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Pescara, 24/11/2024
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Data: 12/06/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Il governo approva gli ultimi decreti del Jobs Act: cassa integrazione applicata anche alle piccole aziende. Cig, tetto di 24 mesi aumentano i tempi del congedo parentale.

ROMA Il Jobs act si avvia verso la completa operatività. Ieri il Consiglio dei ministri ha dato l’ultimo colpo di accelerazione, varando definitivamente i due decreti già passati al vaglio del Parlamento (riordino delle tipologie contrattuali, conciliazione dei tempi vita-lavoro) e dando il via libera in via preliminare agli ultimi 4 decreti attuativi: ammortizzatori sociali, politiche attive, agenzia unica ispettiva, semplificazione delle procedure e degli adempimenti. Ora le commissioni competenti parlamentari hanno un mese di tempo per dare il loro parere consultivo e poi davvero il Jobs act sarà finito. Resta fuori, rispetto alla delega, la sperimentazione del salario minimo, ma come fa capire il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, per ora l’idea è accantonata.
Molte le novità anche in quest’ultima tranche. Cambia la cassa integrazione con la scomparsa definitiva di quella in deroga sostituita dall’estensione della cig ordinaria alle aziende sotto i 15 dipendenti, ma anche con una stretta al periodo di godimento massimo che si riduce a 24 mesi e l’introduzione di una penalizzazione contributiva per le aziende che ne abusano. Cambia l’impalcatura delle politiche attive con i centri per l’impiego che ora saranno coordinati da un’agenzia nazionale e con l’istituzione di un assegno di ricollocazione che servirà a riqualificare chi un lavoro lo aveva ma lo ha perso. Cambia anche la parte dei controlli, che saranno razionalizzati con la nascita dell’agenzia ispettiva unica. E poi ci sono tante piccole norme che hanno lo scopo di aiutare la famiglia e di scongiurare gli abusi sulle parti deboli del rapporti di lavoro, come le donne, purtroppo ancora molto diffusi. Nel primo caso c’è la modifica alla disciplina del congedo parentale: raddoppia il range di età del bambino durante il quale i genitori possono chiedere un periodo di astensione retribuita al 30% (si passa da 3 a 6 anni) e aumenta anche quello non retribuito (fino al compimento dei 12 anni di età, mentre ora è fino ad 8). Arrivano anche nuove regole per combattere il fenomeno delle dimissioni in bianco: «Una vergogna che ancora possa esistere» commenta il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi.
CIG, UN ARGINE AGLI ABUSI

Il provvedimento più corposo e più atteso è sicuramente il riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro che va ad affiancare, quello già operativo, sul sostegno al reddito dei disoccupati. La cig in deroga, che tante risorse pubbliche ha drenato in questi anni di crisi, va definitivamente in soffitta a giugno del prossimo anno. Per le piccolissime aziende (5-15 dipendenti) non saranno lasciate sole nel caso di difficoltà: potranno accedere alla cig ordinaria, a fronte di un contributo (aliquota dello 0,45% del monte salari) da versare ad un apposito fondo. E scompare anche la possibilità di ricorrere all’ammortizzatore per le aziende decotte, senza più speranze di rialzare la testa. Restano cassa integrazione ordinaria e straordinaria. Ma la loro durata è drasticamente ridotta, addirittura dimezzata per alcune categorie di lavoratori (del Sud e/o ultracinquantenni): 24 mesi nel quinquennio (30 mesi per gli edili). Il tetto si alza a 36 mesi nel caso ci sia l’utilizzo per un anno dei contratti di solidarietà. Le aziende con trattative per la cessione che prevedono il riassorbimento dei cassintegrati usufruiranno di un ulteriore bonus di 6 mesi. Arriva anche il bonus-malus a seconda dell’effettivo utilizzo dell’ammortizzatore da parte delle imprese: le aliquote base scendono del 10%, ma salgono del 9% nei primi 12 mesi di cig, del 12% se si va avanti per un altro anno, del 15% dai 24 ai 36 mesi. Servirà a «disincentivare usi non coerenti» dice diplomaticamente il ministro Poletti. Che poi promette: i risparmi dalla stretta sulla cig serviranno per non far scendere la durata della Naspi a 18 mesi dal 2017 così come previsto, ma renderla strutturale a 24 mesi.

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