Sono i conti del trasporto pubblico locale presentati ieri a Milano dall'Asstra, l'associazione delle imprese pubbliche del settore, nel corso dell'Uitp, il più importante salone internazionale sul tema. Nell'incrocio di scelte statali e regionali, la stretta non è stata uguale per tutti, e i consuntivi del trasporto pubblico sono un buon indicatore dello stato di difficoltà dei bilanci dei governatori.
A primeggiare nei tagli è il Lazio (-31,2% di fondi fra 2011 e 2014, con un mini-recupero nel 2015 grazie a 40 milioni in più dell'anno scorso), seguito da Molise (-26,7%) e Sicilia (-25%), in Piemonte la sforbiciata è stata del 20% mentre in Lombardia si è fermata al 9,8 per cento. Nei casi più fortunati, invece, il livello di fondi registrato nel 2011 siè mantenuto inalterato, come accaduto in Trentino Alto-Adige, Umbria, Basilicata e Puglia.
Ad aggravare la cura c'è il fatto che finora la distribuzione delle risorse in discesa è sempre avvenuta sulla base del criterio della spesa storica, perché i costi standard finora sono stati oggetto di un'infinita discussione senza esito, e la definizione del fondo nazionale trasporti non ha cancellato l'incertezza sui finanziamenti soggetti alle continue incognite regionali. Proprio da «stabilità e certezza delle risorse» partono le richieste degli operatori, come sottolinea il presidente di Asstra, Massimo Roncucci, che respinde l'idea di «un trasporto pubblico trattato come problema di spending review invece che di leva di sviluppo delle città».
Ma i problemi nei rapporti con i Governatori si incontrano anche nelle (poche) gare finora bandite dai territori, con una tendenza a creare macro-ambiti di estensione regionale accompagnati da parametri che finiscono per ostacolare sul nascere una concorrenza effettiva.
La richiesta di «ambiti omogenei, costruiti con criteri trasportistici e non burocraticoamministrativi» accomuna tutti gli operatori pubblici e privati, spiega il presidente di AnavConfindustria (l'associazione delle imprese private del Tpl), Nicola Biscotti. Il riferimento è agli ambiti territoriali ottimali, previsti dalla riforma dei servizi pubblici locali del 2011, che però non tengono conto dei flussi di traffico e quindi impediscono di attivare una reale programmazione sul territorio.