«Dieci persone affiancheranno gratis la Giunta. Alcuni imprenditori hanno fatto di tutto per il centrosinistra: vadano da qualche altra parte».
CHIETI La gente lo abbraccia e stringe, come un fortino da esaltare e al tempo stesso da difendere: è l'immagine che, forse più di tutte, incastona la vittoria di Umberto Di Primio riconfermato sindaco di Chieti con il 55%, 12.063 preferenze contro le 10.606 del primo turno. Vittoria netta su Luigi Febo, finito dieci punti sotto, 9.866 voti contro gli 8.678 di due settimane prima. Una vittoria figlia, una volta tanto, non di accordi fra partiti e spartizioni a tavolino di poltrone e strapuntini, ma espressione diretta della volontà popolare. Di quella fetta di teatinità pura che, al di là di programmi e proclami, colpita nel vivo su temi che all'improvviso hanno fatto irruzione nell'agone elettorale, dal rischio di veder svilire il ruolo dell'ospedale e perdere la Asl al possibile approdo di immigrati in Case di riposo già in forte sofferenza, e di fronte alla prospettiva di una politica eterodiretta dalla Regione, che qui traducono nel governatore Luciano D'Alfonso, ha scelto di stringersi con forza al suo sindaco sposandone, con il voto, lo slogan di difendere Chieti contro chi avrebbe voluto conquistarla a tutti i costi.
Di Primio non solo ha aumentato il numero di sezioni in cui ha vinto, 49 su 57, ma ha sfatato luoghi comuni come quello che l'elettorato di centrodestra al ballottaggio si astiene. Ma, su tutto, il risultato certifica che l'apparentamento del centrosinistra con le tre liste di Giustizia Sociale di Bruno Di Paolo non ha portato praticamente nulla in dote, anzi può aver danneggiato Febo facendogli perdere voti a sinistra.
SALUTI ROMANI
In piazza Valignani è stata festa grande nella notte dello scrutinio, fra braccia tese evocative del saluto romano mentre la folla intonava l'Inno di Mameli, cori da stadio («Chi non salta pescarese è», «Chi non salta comunista è», «Cucù cucù Di Paolo non c'è più», «E D'Alfonso dov'è?», fino al meno ritmato «Luigistaisereno»), per finire con Mauro Febbo, scatenato consigliere regionale di Forza Italia, che impugnando il microfono, sulle note di Bailando, ha fatto a suo modo l'appello di quelli che nel gergo delle sconfitte elettorali vengono etichettati come «trombati» ed ha citato Gianni Di Labio, Alessandro Giardinelli, Enzo Ginefra e Domenico Di Fabrizio, il Mister Preferenze del 2010 con l'allora Pdl che, come Ginefra, non si è ricandidato.
SASSOLINI
«Una sola grande parola dico a voi tutti: grazie, grazie grazie -ha esordito Di Primio, sciarpa neroverde al collo, rivolgendosi alla piazza- Tre mesi fa molti di quelli che stanno qui in piazza non credevano in me, i cittadini si sono ricordati di quello che ho fatto, siamo pronti per andare avanti, per costruire Chieti protagonista». Poi quattro messaggi secchi: «Porte chiuse a chi ha tradito, giù le zampe dall'ospedale, non si privatizzano gli Istituti riuniti, il Marrucino non si tratta come la sagra della marrocche dove si vanno a sedere loro». E uno dei sassolini da togliere: «Qualcuno qui anche tra gli imprenditori ha fatto carte false per far vincere il centrosinistra: adesso quelli che pensavano di potersi liberare di Di Primio pensino ad andare da qualche altra parte». Per il futuro: «Ho intenzione di nominare dieci persone, al di là della Giunta, che opereranno gratuitamente per dare quel quid in più che serve per fare di Chieti la città del 2020». Dopo aver dormito sì e no un paio d'ore Di Primio ieri mattina era in Comune dove è approdato a fatica dopo aver stretto centinaia di mani sotto i portici: prima visita agli uffici a pian terreno fra abbracci e applausi. Poi il rosario di telefonate: da Angelino Alfano («E’ una tua vittoria straordinaria», ha detto il ministro) agli ex ministri Maurizio Lupi e Mariastella Gelmini, e poi Maurizio Gasparri, Paola Pelino, il sindaco di Roseto Enio Pavone. E ancora centinaia fra telefonate e messaggi a cui rispondere e venerdì festa grande in piazza Malta per dire grazie al popolo del centrodestra e alla città intera.
Febo: «L’hanno buttata in caciara e hanno vinto Ora staremo a vedere»
«Mi aspettavo un risultato migliore per noi ma rispetto la scelta dei cittadini. Avevamo un progetto, continueremo a lavorare».
CHIETI «Sono sereno ma mi aspettavo un risultato migliore. L'astensionismo ha sicuramente inciso, siamo al 50% di astensionismo, gioire perché si riesce a governare una città con il 26-27% degli aventi diritto mi sembra veramente poco. E' Di Primio il vincitore, rispetto il dato degli elettori e gli mando un ”in bocca al lupo”». Parla così Luigi Febo e oggi dirà altro in conferenza stampa. Nella notte di domenica il candidato sindaco del centrosinistra è stato fra coloro che, dopo avergli prima telefonato, è andato incontro al vincitore Umberto Di Primio, che era attorniato dai suoi fans in delirio, e lo ha abbracciato: la stretta fra i due non è stata particolarmente calorosa ma si sa, in certi casi, i gesti hanno un valore simbolico che va oltre.
«Mi aspettavo di più perché penso che il nostro progetto è un progetto migliore, di una qualità superiore però poi mi rimetto al giudizio dei cittadini -prosegue Febo- Se i cittadini hanno pensato che gli ultimi cinque anni Chieti è stata governata bene nell'isolamento generale ne prendo atto, ma da domani continueremo a lavorare per il bene della nostra città». E a chi gli rimprovera l'alleanza con Bruno Di Paolo, un accordo che ha dimostrato come la proprietà transitiva del voto non esista, Febo risponde: «Io penso di no, abbiamo ragionato di contenuti e non per la parte numerica. Se la parte numerica ha dato ragione a Di Primio lo vedremo domani in avanti. La scelta fatta di ragionare sui contenuti per la città, su ciò che non è stato fato negli ultimi cinque anni, era da tenere insieme e portare avanti». Ma allora cosa non ha funzionato? «Loro l'hanno buttata in caciara e non sulla progettualità -è la spiegazione di Febo- Dall’ospedale con le ruote che si spostava a Pescara fino all’arrivo dei barbari a conquistare Chieti. Non si è parlato di progettualità, la città ha ritenuto che quei temi potessero essere importanti, vedremo poi in futuro. Qualcuno, poi, mi ha accusato forse a ragione di aver fatto una campagna elettorale senza essere pesante negli attacchi come invece loro hanno fatto, avendo rispetto dell'avversario. Non so se può essere questo uno spunto di riflessione, ma io sono convinto che le persone vadano sempre rispettate e che noi ci si debba confrontare con i programmi. Quella che faremo sarà opposizione che va nell'interesse della città».
GIUSTIZIA SOCIALE
Intanto, a chi accusa Giustizia sociale di non aver sostenuto in pieno Febo, risponde Bruno Di Paolo, chiamando in causa implicitamente il Pd, partito che va verso la resa dei conti interna: «I voti ci sono tutti, quelli che mancano sono quelli dei partiti grandi che dovevano fare la differenza: forse all'interno dovrebbero fare delle riflessioni che a tutt'oggi non ancora sento -dice Di Paolo- Si cerca di mettere la scusa Bruno di Paolo, ma io quello che dovevo fare l'ho fatto, punto e basta. Di Paolo c'era, c'è e ci sarà anche domani e sarà sempre una spina nel fianco di quelli che vogliono fare la politica in un certo modo pero proprio tornaconto».