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Pescara, 24/11/2024
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Data: 16/06/2015
Testata giornalistica: Il Centro
Attacca D’Alfonso e certi imprenditori. Di Primio: sono al secondo mandato, non mi fa paura più nulla

CHIETI Attacco frontale alla Regione, ringraziamento alla città, porte chiuse ai traditori e le novità amministrative del secondo mandato, come il comitato dei dieci da affiancare gratuitamente alla giunta. Nella notte del voto, preso il microfono e salito su una della panchine “sofà” che lui stesso ha fatto mettere in piazza Valignani pochi mesi prima, l’appena riconfermato sindaco Umberto Di Primio, attacca con un vero e proprio comizio post-elettorale. Sorprendendo anche i suoi, che non si aspettavano un discorso così lungo. Parte con in ringraziamenti: «La prima parola che devo dire è grazie. Questa volta è stata molto più difficile di cinque anni fa. Ma abbiamo vinto insieme, nonostante le cattiverie più o meno lecite, che ho dovuto subire da parte di qualcuno che credo, però, non sia stato rieletto». Poi l’annuncio che riguarda la vita amministrativa: «La legge mi permette di costituire una sorta di comitato che affianchi la giunta, 10 persone esterne, che lavorino in modo gratuito, perché serve un quid in più». Per quanto riguarda la composizione dell’esecutivo, «ho le mani libere», dice, «non ho patti con nessuno e non ho fatto apparentamenti con nessuno». Il riferimento è a Bruno Di Paolo e la folla lo coglie subito intonando uno dei tanti coretti della serata (“Cucù cucù Di Paolo non c’è più”). Di Primio dà lo stop a modo suo: «Non sono d’accordo con questo coro, perché per me Di Paolo non c’è mai stato. Tanto è vero che l’ho cacciato». Di fronte ad altri sfottò, ha dettato le regole: «Noi non siamo cafoni. Loro lo sono stati quando hanno vinto. Noi no». Poi il sindaco sferra strali verso quegli imprenditori «che hanno osteggiato la mia candidatura, per loro porte chiuse e non pensino di avere scorciatoie nella mia amministrazione». Sulla composizione della giunta, i criteri sono diversi da quelli di 5 anni fa: «Per scegliere la futura classe dirigente parlerò con tutti, pur non avendo accordi con nessuno. Badando non ai voti presi ma alla fiducia che le persone mi ispirano, al contributo che hanno dato e alle capacità che potranno esprimere. Ridarò una messa a punto anche alla macchina comunale», continua, «dovremo rivedere qualche cosa. Ma questo non significa che metteremo in liquidazione né Teateservizi e né Chieti Solidale. Solo pretenderemo che funzionino». Dopo aver assicurato “porte chiuse ai traditori”, arriva l’attacco a Luciano D’Alfonso ma contemporaneamente, l’apertura al dialogo: «La prima telefonata che farò domattina sarà al presidente della Regione. Lo inviterò a Chieti per chiedergli di rispettare le promesse fatte in campagna elettorale. Non parlo di quelle fatte ai miei candidati per passare con lui, promesse che non sono servite, perché i miei candidati hanno pensato bene di rimanere con me. Questo centrodestra e questa città non sono in vendita. Se la Regione vuole avere un rapporto con noi, capisca che deve dialogare con noi. Altrimenti lo dico chiaramente: siamo al mio secondo mandato, non ci fa paura più niente». Invito al dialogo esteso «a tutti quelli che in questi giorni sono venuti a trovarci in città. Se vogliono, possono tornare: lo dico a Franceschini, che magari si ricorderà di darci i soldi che il Ministero dei beni culturali deve al Marrucino. Lo dico a tutta la giunta regionale, perché io chiederò conto di tutte le promesse che hanno fatto ai cittadini di Chieti. Oggi siamo noi che passiamo noi all’incasso. Ci diano tutto quello che hanno promesso. Perché la Regione non può dare soldi in ragione di chi vince, ma in ragione di quello che la città merita». L’attacco alla Regione passa anche attraverso i temi dell’ospedale, degli istituti riuniti di assistenza “San Giovanni Battista” e del teatro Marrucino: «Non lascerò spazio alla Regione sin quando non ci dirà con chiarezza cosa vuole fare di cardiochirurgia e dell’ospedale e con altrettanta chiarezza dico il SS. Annunziata non si tocca. ‘Giù le zampe dall’ospedale’ non è solo uno slogan da campagna elettorale, ma una missione. La Regione non può pensare di privatizzare il “San Giovanni Battista”, una delle istituzioni sociali più importanti della città. E non può trattare il Marrucino alla stregua di una sagra delle marrocche. Quando noi ci rivolgiamo all’ente regionale perché abbiamo 59 frane in città, non possono risponderci picche come hanno fatto per l’alluvione del 2013 o per la nevicata del 2011». Ce n’è anche per Pescara: «Il problema non è il campanilismo. Perché sinceramente io che sono abbastanza presuntuoso me ne frego altamente di Pescara. Allo stesso tempo dico che Pescara è indubbiamente uno dei protagonisti principali della nostra regione con cui dobbiamo dialogare. Chieti non è una città chiusa, arroccata o isolata. Chieti ha 3.000 anni di storia e vogliamo che ne abbia altri 3.000». Poi si scarica il microfono e parte la festa con brindisi, selfie e abbracci.

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