L'AQUILA Nei corridoi dell'Emiciclo non si ha memoria di uno «sgarro» di questo tipo, non di certo a meno di ventiquattro ore dalla seduta: la sconvocazione del consiglio regionale avvenuta lunedì sera su richiesta del presidente D'Alfonso «per impegni istituzionali», ha provocato un vero e proprio terremoto a palazzo. E a scuotere le poltrone non sono solo le opposizioni, dal centrodestra al completo, ai grillini, ma anche pezzi di maggioranza, come Abruzzo civico che, a questo punto, si aspetta segnali concreti entro la settimana, entro la prossima seduta.
Anche perché, nonostante le scuse ufficiali (l'incontro di D'Alfonso con il ministro Delrio, con il consigliere speciale agli Affari Esteri Zevi, con il presidente dell'Anas Armani), la sensazione, e qualcosa di più, è che il presidente del consiglio Giuseppe Di Pangrazio abbia sciolto le righe perché la maggioranza, ancora una volta, rischiava ieri di andare sotto con i numeri. «Avremmo votato a favore della risoluzione di Atessa e per quella del riconoscimento dei Poli di attrazione e non avremmo dato il nostro placet alle nomine Arap -confessa Mario Olivieri di Abruzzo civico- Non ci sentiamo per niente coinvolti nella gestione del governo e non solo perché non ci è stato dato un assessore, ma perché D'Alfonso e i suoi continuano a non ascoltare le esigenze dei territori più disagiati, riservando a Pescara tutte le attenzioni, a partire dal mega ospedale annunciato, e concedendo alle aree interne solo boutade come le giunte tematiche che non servono a nulla».
«SOLO CHIACCHIERE»E se il messaggio non fosse chiaro, Olivieri rincara la dose: «In un anno questa amministrazione regionale non ha prodotto nulla se non chiacchiere -continua- Mi vergogno di andare in giro, incontrare i miei elettori e i cittadini. Si pensa solo a fare tatticismi, come quello di sconvocare un consiglio, senza dirci niente se non pochissime ore prima, solo per evitare di andare sotto con i numeri».
ARIA DI CRISI Insomma la crisi non è ufficializzata, ma è nei fatti. E se dagli uffici della presidenza del consiglio preferiscono non commentare, ritenendo la sconvocazione una normale prassi; sull'incudine-maggioranza batte forte il martello dell'opposizione. «Non possiamo assolutamente accettare questo modo di organizzare i lavori del consiglio regionale -tuona il centrodestra- che non fa altro che sminuirne l'importanza e lo fa somigliare molto a una Pro Loco».
«Se si diffondesse una prassi siffatta fa eco il grillino Riccardo Mercante- se ognuno di noi, all'ultimo minuto decidesse di non partecipare e programmasse la propria agenda a prescindere dalle sedute consiliari già prefissate, si finirebbe col rendere impossibile l'organizzazione di un consiglio, paralizzando l'intera macchina amministrativa regionale».