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Data: 19/06/2015
Testata giornalistica: Rassegna.it
Jobs Act, un'idea vecchia di lavoro

Nell'analisi degli ultimi quattro provvedimenti licenziati dal consiglio dei ministri, la Cgil ribadisce il suo giudizio nettamente negativo sulla riforma: "Si confermano scelte in favore della deregolamentazione a scapito dei diritti di chi lavora".

Il giudizio della Cgil sul Jobs Act non cambia: arretrano i diritti dei lavoratori, aumenta il precariato. L'approvazione da parte del Consiglio dei ministri dello scorso 11 giugno degli ultimi quattro decreti attuativi "rafforza la filosofia e la strategia che fino ad ora hanno guidato il governo nella costruzione dei provvedimenti di riforma del mercato del lavoro. Si confermano scelte in favore della deregolamentazione a scapito dei diritti di chi lavora, si ribadiscono le forti divisioni e differenziazioni nel mondo del lavoro, sia sui contratti che sulle tutele, e si aumenta di nuovo il potere delle imprese senza elementi di riequilibrio in favore del lavoro". Così, in una nota dell'Area contrattazione e mercato del lavoro della Cgil nazionale che ha analizzato i testi degli ultimi quattro provvedimenti.

Per la Cgil "dietro i termini 'innovazione e semplificazione' c’è un’idea vecchia del lavoro senza qualità e con una riduzione degli spazi di contrattazione che lo rende più povero e più debole. I lavoratori occupati, così come quelli in sospensione da lavoro o disoccupati, compiono un notevole passo indietro rispetto all'essere portatori di diritti universali".

Gli esperti del sindacato di corso d'Italia entrano poi nel dettaglio dei singoli capitoli e sottolineano come "In particolare, sui contratti di collaborazione si conferma la loro parziale soppressione, lasciando attive molte soluzioni capaci di aggirare le disposizioni". Confermate anche le indiscreazioni sui voucher, - anche per il presidente dell'Inps Boeri uno dei nuovi strumenti della precarietà - rispetto ai quali si alimenta ulteriormente la possibilità di farne ricorso, "ampliando la soglia dell'importo per lavoratore da 5.000 a 7.000 euro e confermandone un uso che dal 2008 al 2014 ha registrato un aumento quasi del 4.000%, raggiungendo la soglia nello scorso anno di oltre 1 milione di contratti con una media annua di reddito inferiore ai 500 euro".

Nessuna buona notizia anche sull'apprendistato di I e III livello: "Si va a confermare la scelta sbagliata della precocità di accesso a 15 anni, si cede il passo per la certificazione degli apprendimenti alle imprese in favore di un sistema duale di bassa qualità della formazione e di lavoro debole". Quanto ai contratti a termine si ribadisce "il venir meno del diritto del lavoratore a ricevere una formazione sufficiente e adeguata alle caratteristiche delle mansioni oggetto del contratto, fondamentale per la prevenzione sui rischi da lavoro".

Peggiorate anche, per la Cgil, le norme che riguardano il demansionamento, "dal momento che in sede di commissioni di certificazione sarà possibile derogare alla norma sottoscrivendo accordi tra le parti - lavoratore e datore di lavoro - capaci di peggiorare le già punitive condizioni di norma".

Altro tema controverso era quello degli ammortizzatori sociali, rispetto al quale, attacca il sindacato, "si interviene con una significativa riduzione dei tempi di copertura e degli strumenti a disposizione dei lavoratori. L'introduzione del meccanismo per le aziende del bonus malus, pensato quale deterrente, finirà invece col favorire i licenziamenti, visto l'aumento del costo delle contribuzioni nell'uso degli strumenti di 'cassa'. L'uso dei Fondi, previsto quale strumento per coprire le aziende da 5 dipendenti, non fa che confermare la diversità dei trattamenti per i lavoratori. Impossibile parlare quindi di un sistema universale". Gli interventi sulla razionalizzazione e semplificazione dei rapporti di lavoro e su salute e sicurezza, poi, "rivedendo le norme sull'identificazione, contribuiranno ad alimentare la pratica del lavoro nero e a indebolire i controlli sulla sicurezza".

Poi c'è il tema delicatissimo dei controlli a distanza: "Siamo di fronte – denuncia la Cgil – a un abuso rispetto alle norme sulla privacy, che segna un punto di forte arretramento rispetto allo Statuto dei lavoratori. Il venir meno dell'obbligatorio accordo sindacale renderà più difficile proteggere i lavoratori da indebiti usi delle informazioni da parte delle aziende".

Negativo il giudizio sul nuovo Ispettorato del lavoro: "Così come è stato concepito nella sua unicità, se non sorretto da opportuni finanziamenti - oggi non previsti - determinerà un progressivo svuotamento delle funzioni che garantiscono la lotta all'evasione e all'elusione contributiva". Quanto alla nuova Agenzia nazionale che si dovrà occupare delle nuove politiche attive, questa "nasce zoppa in ragione dell'indeterminatezza delle norme istituzionali che dovranno regolarla, sia per la sua attività di gestione che di programmazione. Del provvedimento va segnalata in particolare la criticità legata all' assorbimento di Isfol e di Italia Lavoro: vanno salvaguardate le specificità di due soggetti diversi nella natura e nella missione, così come l'attuale livello occupazionale per tutti i lavoratori precari e stabili".

Infine, conclude il documento, "ci domandiamo come sia possibile immaginare una risposta efficace del nuovo sistema considerando che le programmate risorse d'investimento risultano essere solo quelle che eventualmente si produrranno in ragione dei risparmi nell'uso della cassa integrazione".

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