ORTONA Semplificare l'apparato burocratico, saper cogliere le occasioni e lavorare sulle enormi potenzialità che l'Italia possiede. Sono queste le basi su cui muoversi per lo sviluppo delle reti portuali nazionali secondo Pasqualino Monti, presidente di Assoporti, l’associazione dei porti italiani e presidente dell'Autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta, uno scalo marittimo che negli ultimi tre anni, in piena crisi internazionale, ha avuto la capacità di incrementare il proprio fatturato da 700milioni a un miliardo di euro. Monti è stato ospite venerdì, insieme al vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, al corso di “Economia del Mare e Valore della Portualità” che si sta svolgendo all'Istituto Tecnologico per i Trasporti e la Logistica “Acciaiuoli'' di Ortona. Monti era presente a Ortona come docente, ma la sua presenza è servita anche ad approfondire il tema, ancora tutto da sviluppare, di una possibile alleanza tra il porto di Ortona e quello di Civitavecchia, come suggerito dai consulenti del comune di Ortona per la portualità, Antonio Nervegna e Euclide Di Pretoro, autori dello studio “Il porto d’Abruzzo in 1000 giorni, Ortona porto di Roma sull’Adriatico”. Presidente Monti, si parla da tempo di questo possibile '”asse” tra i due scali marittimi. È un’ipotesi realistica? «È un discorso molto interessante, soprattutto per il traffico commerciale che muove dalla Turchia verso la Spagna. Tutto ciò che oggi parte dalla Turchia, passa per Igoumenitsa ed arriva a Civitavecchia, per poi avere come destinazione i mercati spagnoli, trascorre attraverso Brindisi. Questo significa che la parte di strada che viene percorsa dai semirimorchi è molto più lunga rispetto a quella che si avrebbe se ci fosse un collegamento con Ortona. Un’alleanza che impone anche un cambio di visione. «Secondo me il nostro Paese deve superare i localismi e, per far sistema, deve cercare di avere delle autorità portuali che abbiano nei propri confini demaniali anche porti appartenenti a regioni diverse. E mi sembra che il governo stia andando in questa direzione. Ciò vuol dire che nel momento in cui si riuscisse ad avere Ortona come sede di autorità portuale e un collegamento diretto con Civitavecchia e si realizzassero le infrastrutture necessarie, si farebbe un bel passo in avanti». Quali sono le condizioni perché quest’alleanza possa concretizzarsi? «Dipende dalla politica. Se c'è la volontà di velocizzare la pratica i tempi possono essere anche molto stretti». Lei ha avuto modo di conoscere il porto di Ortona. Quali sono i vantaggi e quali le criticità di questo porto? «Io sono abituato a ragionare con i porti commerciali ed Ortona non lo è ancora perché non ha un fondale adeguato. Tuttavia ha delle grandi potenzialità dovute alla sua posizione, alla possibilità di sfruttare un traffico ro-ro importante per tratte che vanno verso la Spagna, e grazie ad una serie di infrastrutture che comunque andrebbero migliorate». Ha parlato di fondali non adeguati. Il dragaggio è ritenuto da molti un passaggio chiave per Ortona. Concorda con questa tesi? «Sì, è veritiera. E non è solo un problema di Ortona, ma dell’Italia, dove a livello centrale non hanno ancora ben compreso cosa significhi l'economia del mare. Sembra strano in un Paese che per due terzi è circondato proprio dal mare. Ma da presidente dell'associazione porti italiani è un'affermazione che mi tocca sostenere. Le navi sono sempre più grandi, ciò significa che per essere competitivi e rispondere alle esigenze del mercato bisogna avere dei porti che abbiano dei pescaggi adeguati. Ortona ha un fondale troppo limitato, anche -10 metri sarebbe poco. Bisognerebbe portarlo almeno a -12 metri. Purtroppo, però, la mancata semplificazione delle procedure amministrative per arrivare al dragaggio non consente ai nostri porti di adeguare i fondali al mercato. E questo è diventato un limite anche per scali commerciali con traffici molto importanti». A tal proposito vorrei una sua riflessione sulla riforma dei porti. «Auspico che presto venga portato all'attenzione del consiglio dei ministri il piano nazionale della portualità e della logistica. Mi auguro che si possa affrontare il prima possibile la parte di sburocratizzazione delle norme, di razionalizzazione del sistema, per renderla più rispondente alle esigenze del mercato. La speranza è che per realizzare tutto questo non passino altri dieci anni. Tempo non ne abbiamo, rischiamo di perdere fette importanti di mercato».