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Data: 22/06/2015
Testata giornalistica: Il Centro
L’Abruzzo non può essere la nuova Puglia (Non ancora)di Stefano Cianciotta(*)

Da un po' di tempo in Abruzzo si cita con una certa insistenza la Puglia come modello culturale, sociale, turistico ed economico a cui fare riferimento per programmare la crescita dell'Abruzzo, regione tornata a essere collocata per la produzione di ricchezza pro-capite tra quelle del Mezzogiorno. Eppure agli inizi del 2000 erano le Marche a costituire il principale modello di confronto dell'Abruzzo. Affinità economiche determinate dal modello dei Distretti terziari avanzati come il tessile, ragioni di contiguità geografica, la necessità di costruire una nuova governance per gestire i processi di trasformazione in atto - il Federalismo e la Riforma del Titolo V - erano le ragioni che accanto ai grandi modelli lombardo e emiliano ponevano le Marche, l'Abruzzo e l'Umbria come nuovi soggetti ai quali prestare attenzione. Dopo 15 anni, a causa anche della crisi globale che ha evidenziato la fragilità del tessuto economico abruzzese, la rivincita del "piccolo è bello" è stata definitivamente archiviata. Il lavoro culturale e creativo è cambiato e più ancora cambierà nei prossimi anni, sviluppando e facendo crescere altre forme produttive caratterizzate da percorsi eterogenei legate al mondo delle start-up e della innovazione, dei co-working, dei processi di riorganizzazione delle città, della economia della condivisione.
In questi settori la Puglia da oltre un decennio è uno straordinario laboratorio propulsivo, perché è riuscita ad avviare una radicale transizione fondata proprio sulla cultura della creatività, che prima di tutto è stata un investimento sulla rigenerazione urbana. Dal 2005 l'allora assessore regionale all'Urbanistica Barbanente ha messo in campo una nuova governance per regolare lo sviluppo urbanistico, con una legislazione destinata a diventare un punto di riferimento nazionale, grazie anche alla capacità di riqualificare quartieri degradati, spazi pubblici dismessi e dati poi in gestione per le attività di coworking come sta accadendo nei vecchi padiglioni della Fiera di Bari. Il cuore del Modello Puglia è la creazione delle agenzie e dei programmi verticali dedicati allo sviluppo delle filiere culturali (Apulia Film Commission, Puglia Sound, Teatro Pubblico Pugliese degli anni '80 e Puglia Promozione per il turismo), del distretto orizzontale della Puglia creativa, che si è trasformato in una vera e propria fabbrica dell'intrattenimento con oltre 9mila eventi. L'interesse del modello pugliese non sta nelle singole strutture o eventi ma nella capacità della creatività diffusa, con l'emergere di una nuova impresa culturale multifunzionale, un'impresa che non esaurisce la propria attività nel produrre solo fatturato, ma si “fa società” e contribuisce alla costruzione di un brand riconoscibile. Per arrivare fin qui la Puglia - che nel frattempo ha riqualificato anche la sua offerta turistica, investendo sulla qualità del servizio e potenziando due infrastrutture strategiche come sono gli aeroporti di Bari e Brindisi - ha impiegato più di un decennio. La strada dell'Abruzzo è in salita, almeno a livello di tempo, ma tutto dipenderà dalle scelte che la politica metterà in campo per trasformare una regione in un modello.

(*) Docente di Comunicazione di Crisi aziendale - Università di Teramo

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