ROMA Il Garante per la privacy parla di «forme ingiustificate e invasive di controllo», così definisce quanto previsto nel Jobs Act sul controllo a distanza dei dipendenti da parte del datore di lavoro. Da qui il monito rivolto al Governo Renzi: la norma è da rivedere. E anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, durante la presentazione della relazione annuale dell’Autorità si è augurata «chiarezza» visti i dubbi emersi. Il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi difende il testo che definisce «equilibrato» ma apre a eventuali modifiche: «Se nei pareri delle commissioni ci saranno ulteriori suggerimenti, li terremo in considerazione». E sempre al ministro Boschi il Garante ha rivolto un altro appello: la disciplina in materia di intercettazioni va modernizzata. Il presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, ha chiesto di rivedere il contenuto del Jobs Act «in una cornice di garanzie che impedisca forme ingiustificate di controllo». E ha aggiunto: «Nei rapporti di lavoro il crescente ricorso alle tecnologie dell’organizzazione aziendale, i diffusi sistemi di geolocalizzazione e telecamere intelligenti hanno sfumato la linea tra vita privata e lavorativa. Un più profondo monitoraggio di impianti e strumenti non deve tradursi in una indebita profilazione delle persone che lavorano». «Mi auguro che nelle prossime settimane, durante l’esame parlamentare, ci sia la possibilità di aprire un confronto che faccia chiarezza sui dubbi emersi», ha sottolineato la presidente della Camera, Laura Boldrini. Il monito sul Jobs Act arriva durante la presentazione della relazione annuale del Garante. Alcuni dati: 4894 tra quesiti, reclami e segnalazioni, 577 violazioni amministrative, 5 i milioni di euro riscossi dal Garante per le sanzioni e poi 385 ispezioni, 33.200 quesiti in particolare su telefonate promozionali in desiderate, pubblicazione di documenti da parte della pubblica amministrazione, videosorveglianza. «Non c’è protezione dei dati senza sicurezza e garantire la sicurezza è sempre più difficile, considerato l’aumento esponenziale della criminalità informatica, di cui tutti siamo potenziali vittime: dai furti di identità, di account personali, alla violazione dei sistemi di pagamento elettronico fino ai blocchi di computer con finalità estorsiva», ha sottolineato Soro convinto che «la prima sfida» per l’Autorità sia quella di «promuovere, nel pubblico e nel privato, un approccio sistematico alla protezione dei dati e delle infrastrutture». Soro ha invocato «una Kyoto della protezione dei dati» ancora di più in un mercato digitale condizionato dai «giganti». Come Google. Soro ha ricordato la risoluzione approvata dal Parlamento europeo su Google e la procedura aperta dalla Commissione: «Un freno reale al dilagare senza condizioni del potere delle piattaforme», ma ha denunciato anche il «grave ritardo» europeo e menzionato il lavoro dell'Autorità italiana per «rimuovere l’asimmetria informativa e l’opacità». Soro ha anche riferito che «in questo primo anno le richieste di oblio sono state respinte da Google nel 73% dei casi»