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Data: 26/06/2015
Testata giornalistica: Il Centro
Scuola, sì dal Senato opposizioni furiose. Il governo esulta. Sel e M5S: «È il funerale per l’istruzione pubblica»

ROMA Tra lumini rossi, il lutto al braccio indossato dai Cinquestelle e i fischietti portati in aula dai senatori di Sel ieri, la Buona Scuola su cui il governo ha posto la fiducia, ha superato lo scoglio del Senato. Con 159 voti a favore e 112 contrari, il ddl che fissa i paletti per la riforma della scuola passa ora alla Camera in terza lettura. Un passaggio delicato per il governo quello al Senato dove i numeri della maggioranza sono più risicati. Da Montecitorio ora il testo dovrebbe avere il via libera definitivo il 7 luglio. Termine ultimo per avviare le procedure al piano straordinario di assunzioni dei 100mila precari a cui bisognerà assegnare una cattedra entro il 15 settembre prossimo. Confermati i maggiori poteri ai presidi, ma viene rinviato di un anno il nuovo sistema della chiamata diretta dei prof da parte dei dirigenti di istituto. Sempre il preside resta titolare della gestione dell’istituto, ma nel rispetto degli organi collegiali. Sì alle donazioni da parte dei privati alle scuole, ma fino a 100mila euro, il 10 per cento confluirà poi in un fondo dedicato agli istituti che hanno meno “benefattori”. Il maxi-emendamento è dunque stato licenziato da palazzo Madama, dove era approdato senza essere passato in commissione Istruzione, senza relatori e senza discussione. Il governo per evitare che l’iter del ddl si impantanasse nei tempi parlamentari (3mila gli emendamenti presentati dalle opposizioni) ha deciso di porre la fiducia. Ma in aula è stata una bagarre continua. Ai “no” scontati del M5S, Lega Nord, Sel e Forza Italia (l’ex Sandro Bondi ha votato “sì”) si sono aggiunte le defezioni del Pd: Corradino Mineo, Walter Tocci e Roberto Ruta non hanno partecipato al voto. Felice Casson era assente. Maggioranza e governo hanno dunque incassato la fiducia, ma con due voti in meno rispetto alla maggioranza assoluta che al Senato è di 161 voti. La “lettura” politica che hanno dato i vertici del Pd a quanto accaduto al Senato, è che il governo ha retto bene ai malumori interni al partito. Per le opposizioni invece il mancato raggiungimento della quota 161 evidenzia che Renzi non ha più la maggioranza assoluta al Senato. E pensano già alle altre battaglie. Ieri mattina, non appena il ministro per le riforme Maria Elena Boschi ha annunciato la decisione del governo di porre la fiducia, le opposizioni si sono scatenate. I Cinquestelle hanno tirato fuori lumini elettrici «per celebrare il funerale della scuola pubblica» diventato ormai il simbolo della protesta contro il ddl, mentre i senatori di Sel hanno indossato megliette bianche con la scritta “Libertà di insegnamento”. Proteste e urla hanno accompagnato la votazione, con momenti surreali: un botta e risposta tra il presidente Pietro Grasso e la senatrice di Sel Maria Mussini chiamata a togliersi una maglia con la scritta “diritto alla scuola” ha richiamato i commessi del Senato. «Che faccio presidente un strip-tease qui in aula?» ha chiesto al presidente Grasso che ha replicato «Non le chiedo di svestirsi, ma di vestirsi». Urla e fischi durante l’intervento di Francesca Puglisi (Pd), relatrice della riforma. Contro il governo si sono levate anche le voci di una trentina di insegnanti presenti al dibattito nella tribuna visitatori. Ma le proteste sono andate avanti durante tutti lavori parlamentari, mentre fuori le mobilitazioni di sindacati e studenti hanno animato le piazze di Roma. «Per la scuola italiana è una pessima notizia e una dimostrazione delle bugie di Renzi» ha commentato Susanna Camusso, segretario della Cgil. Ma critiche sono arrivate anche dal governatore della banca d’Italia, Ignazio Visco. Durante un convegno alla Farnesina ha commentato: «Riforma della scuola vuol dire riforma dei programmi, non solo dell’occupazione». Raggiante il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini che ha affidato a Twitter la sua sodisfazione: «Ce l’abbiamo fatta. Una giornata molto importante per il nostro governo, ma anche per me personalmente». È felice il ministro Giannini quando esce dall’aula. Ora l’aspetta Montecitorio dove ci saranno altri lumini, altre magliette e fischietti. E forse la necessità per il governo di porre una nuova fiducia sulla Buona Scuola.

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