ROMA Dopo il cambio dei vertici in Cdp, il governo si prepara ad un ribaltone anche in Ferrovie dello Stato. La decisione politica sarebbe presa. Il cambio della guardia potrebbe arrivare entro due settimane, per la metà di luglio. Ieri si è tenuto un consiglio di Fs nel quale l’attuale amministratore delegato Michele Elia ha avviato la discussione sul processo di privatizzazione del gruppo. Poco prima del consiglio si è svolta anche un’assemblea con l’azionista Tesoro, che avrebbe indicato una nuova data di convocazione indicativamente dopo l’8 luglio. Nella prossima assise, secondo quanto riferito da fonti politiche, potrebbe avvenire il ricambio. L’apertura del capitale del gruppo ai privati sarebbe uno dei motivi che avrebbe indotto Matteo Renzi e i suoi consiglieri economici a orientarsi su un rinnovo. Sulla privatizzazione, del resto, all’interno del consiglio di amministrazione della società che gestisce la rete ferroviaria e i treni, si era consumato uno scontro tra lo stesso Elia e il presidente Marcello Messori, che aveva rimesso le sue deleghe motivando il gesto come «un atto di chiarezza».
La realtà è che Messori ed Elia avevano due idee diverse riguardo al cosa privatizzare di Ferrovie, una società complessa con un patrimonio di 37 miliardi ed oltre 40 società controllate. Per lavorare alla quotazione della società, il Tesoro ha costituito una cabina di regia alla quale partecipano, oltre agli advisor (Bank of America Merrill Lynch e lo Studio Cleary Gottlieb Steen & Hamilton per il Tesoro e McKinsey per le Fs), le stesse Ferrovie e i tecnici dei ministeri dell’Economia e delle Infrastrutture.
IL PROFILO DEL SUCCESSORE
Proprio in ragione dell’ipotesi di quotazione in Borsa, la scelta di Palazzo Chigi sarebbe ricaduta su un manager con esperienze di tipo finanziario in grado di dialogare con i mercati. Il profilo sarebbe quello di Luigi Gubitosi, attuale direttore generale della Rai, che per la tv pubblica ha curato con successo il collocamento di Rai Way e del primo bond quotato della storia di viale Mazzini per un importo di 350 milioni. Per la successione a Messori si sarebbe sondato anche il presidente uscente di Cassa depositi e prestiti Franco Bassanini, ma sarebbe sorto un impedimento. Bassanini, essendo pensionato, non può ottenere incarichi retribuiti in aziende pubbliche.