PESCARA La vita non fa sconti, neanche quando viaggi per 15 anni con l’autista, abiti in una villa a tre piani con tremila metri quadrati di giardino e sei un politico abituato a maneggiare soldi e potere. Domenico De Massis, Mimmo per chi ha confidenza con lui, è stato consigliere comunale a Città Sant’Angelo, sindaco di Montesilvano per due anni e per altri dieci, fino al 1995, assessore regionale e vice presidente del consiglio sempre con i socialdemocratici. Con 23mila voti raccolti con Forza Italia per entrare in parlamento quando Tangentopoli aveva spazzato i vecchi partiti ha mancato l’unico step che l’avrebbe salvato dal suo presente: diventare parlamentare, «perché ai parlamentari non gli pignorano neanche il quinto dello stipendio, e invece a me hanno pignorato anche il vitalizio della Regione, 2700 euro al mese». Oggi a 66 anni, padre di tre figli e nonno di sei nipoti, vive con i pacchi della Caritas, ospite della casa famiglia della parrocchia di San Giovanni Bosco, a Montesilvano, dove saltuariamente riceve il sostegno di chi non l’ha dimenticato. «Pochi», dice lui, «rispetto a tutti quelli che ho aiutato». Comincia da qui, davanti a un caffè corretto alla sambuca e una manciata di sigarette consumate con gusto, il racconto dignitoso e lucido del suo declino. De Massis, che cosa le è successo? È successo che dopo tanti anni in politica, a un certo punto ho capito che non c’era più posto per me e nel 2010 con mia moglie ho comprato l’hotel Nacalua, a Marina di Città Sant’Angelo. Ma il 10 luglio di quello stesso anno lei mi ha lasciato dopo 37 anni di matrimonio e tre figli. È stata una mazzata. Me ne sono andato di casa e ho lasciato la gestione dell’albergo che è fallito in poco tempo, dopo che io avevo messo tutte le firme di garanzia. E nel 2011 è arrivata la tegola che mi ha rovinato: per quelle firme mi hanno pignorato il vitalizio della Regione e mi sono ritrovato senza più niente. Perfino la villa dove vivevo, e da cui me n’ero andato, è finita all’asta. E che cosa ha fatto? La Caritas, non avevo alternative. Mi ci ha messo in contatto Renzo Gallerati. Ora sono nella casa famiglia di San Giovanni Bosco, mi trattano benissimo e si mangia anche benissimo. Solo l’atmosfera è pesante, sono tutti vecchi, 93, 94 anni. Alle otto, la sera, vado già a dormire e alle 6 sono in piedi. Che cosa le manca di più? I soldi per sopravvivere. Mi bastano 80 euro al mese per le sigarette e il superenalotto. Gioco gli stessi numeri, da 30 anni, le date dei miei genitori. Chi l’aiuta? Sono tanti, dall’ex presidente della Regione Del Colle, al mio amico Vitaliano Patricelli, a Renzo Gallerati e tanta altra gente come l’ingegnere che mi dà 5 euro alla settimana o i fratelli Teodoro, che ogni tanto si fanno vivi. Ma sono quelli che ho aiutato io in passato che fanno finta di dimenticare. L’elenco è infinito. Sono andato a trovare una persona che avevo aiutato a vincere un concorso e mi ha risposto che aveva il figlio all’università. C’è stato chi con me sindaco ha visto diventare i suoi terreni da agricoli a edificabili ed è diventato miliardario, ma anche quello mi ha detto che non poteva. Oppure chi come Berti, che quando ero assessore regionale al Turismo aveva avuto come altri dei finanziamenti a fondo perduto per costruire il suo albergo a 5 stelle, a Silvi, che mi ha risposto “non mi far sentire a disagio”. È brutta l’ingratitudine. Ho sistemato centinaia di persone. Quando Nicolazzi era ministro ai Lavori pubblici ho fatto assumere tante persone alle autostrade, anche alle Poste, ma pare che si sono scordati tutti. Ma non me la prendo, sono nato figlio di contadini, non mi spaventa niente. Sono andato sempre in salita. Basta la salute e come diceva Manfredi, un paio di scarpe nuove. Quali sono i sentimenti di oggi? Il cuore è spento. I figli? Ho tre figli e sei nipoti, li vedo, ma non voglio dare impiccio a nessuno. Ci ripensa alla vita di prima, all’autista e a tutto il resto? Sì e no. Rimpianti? Neanche uno. Rifarei tutto quello che ho fatto in qualunque settore. Con i tre presidenti della Repubblica, Pertini, Cossiga e Scalfaro sono stato insignito tre volte dei titoli di cavaliere, cavaliere ufficiale e commendatore. Vorrà dire pure qualcosa. Anche sotto Tangentopoli non mi ha toccato niente mentre tutt’intorno fioccavano gli arresti. Di che cosa va orgoglioso? Come assessore regionale ho avuto deleghe al turismo, alla caccia, alla pesca, allo sport, alla promozione culturale, all’emigrazione, ma vado orgoglioso della prima legge in Italia sullo sport dilettantistico, per gli aiuti economici agli sport minori. E poi tante leggi sul turismo, con la realizzazione di alcuni alberghi durante i mondiali di Italia 90. Ma lo sport è stata un’altra passione: a 24 anni ero già presidente dell’Angolana calcio, con Patricelli allenatore e dopo quattro anni di lavoro in banca con la liquidazione rilevai dal Bologna il cartellino di Bruno Pace, fortissimo ma a fine carriera. Cinque milioni di lire pagai, e andammo in serie D. Che cos’è oggi la politica? Io ho iniziato giovanissimo. I miei erano contadini originari di Ofena. Ci siamo trasferiti a Marina di Città Sant’Angelo quando ero poco più che un ragazzino, ho fatto l’Acerbo a Pescara, ma ho sempre avuto una passione per la politica, per i comizi. Se veniva Almirante in Abruzzo io prendevo l’autobus e l’andavo a sentire. La politica era passione, non opportunismo come oggi. A Montesilvano ero segretario del partito socialdemocratico. Sono stato eletto in consiglio comunale nel 1983 con 7.500 voti portando dentro tre consiglieri socialdemocratici, poi la Regione per due legislature, dal 1985 al 1995 con Mattucci e Del Colle presidenti. Nel ’90 il partito dove militavo è finito, nel 1994 mi sono presentato con Forza Italia ma Sospiri non si alleò e regalammo 11 parlamentari alla sinistra. E per me fu una grossa delusione. Presi 23mila voti, per quella campagna elettorale spesi 100 milioni di lire. Ero andato pure ad Arcore da Berlusconi. A me e Vitaliano Patricelli ci accompagnò Pietro Cascella, noi tutti incravattati e Berlusconi in tuta e scarpe da tennis. E poi? Poi mi presentai al Comune di Pescara con An, tanto per dare una mano, ma presi un centinaio di voti. Riprovai con la Regione, con il Ccd, ma Licio Di Biase appoggiò Nazario Pagano e anche se presi più di duemila voti non riuscii. Fu l’ultima occasione. E come si rimise in pista? Ho continuato a fare quello che avevo sempre fatto, l’agente immobiliare, fino all’hotel e a tutto quello che ne è venuto . Il futuro? Sto aspettando settembre che mi arriva finalmente la pensione dell’Inps, 600 euro. Il sogno? Vincere al Superenalotto. Farei tanto bene a chi ne ha bisogno.