Il Consiglio direttivo del Parco del Gran Sasso tira dritto e conferma la delibera con la quale ha autorizzato il proseguo dell’iter per l’ammodernamento della seggiovia delle Fontari. E’ sfida aperta, dunque, con il dirigente del Ministero dell’Ambiente che aveva fatto recapitare una nota intimando di sospendere quel provvedimento perché, in linea con l’istruttoria scientifica dei tecnici del Parco, il progetto causerebbe gravi danni all’habitat di interesse comunitario e aprirebbe le porte a un contenzioso con l’Europa.
Il Consiglio del Parco si è espresso come di consueto con l’unico voto negativo di Stefano Allavena, rappresentante delle associazioni ambientaliste in seno al direttivo. Cosa succede, ora? Paradossalmente nulla, perché per lavorare sulle Fontari saranno decisivi i pareri di Regione (valutazione impatto ambientale) e Comune (valutazione di incidenza ambientale) che completeranno l’iter previsto. Resta, sullo sfondo, uno scontro lacerante e spesso ideologico tra chi preme per poter infrastrutturare la montagna (sindaco, Consiglio del Parco) e chi vorrebbe invece puntare su uno sviluppo diverso fatto di sentieristica, ippovie, rifugi, mountain bike (ambientalisti, tecnici del Parco). Con il Parco del Gran Sasso che marcia ormai a due velocità, una politica e una scientifica.
LE REAZIONI
Il presidente Arturo Diaconale (che resta in carica in regime di prorogatio) ha spiegato così la decisione di non sospendere la delibera: «La confermiamo, manderemo al Ministero le valutazioni che si fondano su due argomentazioni. La prima è che il parere tecnico segue la via burocratica, non viene sconfessato. Poi però abbiamo ribadito, come Consiglio, che esiste un rilevante interesse pubblico (la questione è nodale: il rilevante interesse pubblico consente di “bypassare” i diktat europei, ndr) su questo progetto. C’è poi il problema di assicurare la sicurezza di quell’impianto, cosa che oggi è difficile. Oltretutto ci sono due precedenti esemplificativi: quello del 2002 della Scindarella e quello del 2007 della Madonnina di Prati di Tivo. A quel tempo ciò che oggi viene considerato un nuovo impianto fu valutato semplicemente come sostitutivo. Il Consiglio direttivo del Parco e l’organo scientifico dettero pareri positivi». Tra le loro fila, contesta Diaconale, c’erano alcuni ambientalisti che oggi si sbracciano per «combattere» le nuove Fontari.
LA POLITICA
«Esistono problemi politici - attacca il presidente - Se il Consiglio direttivo di un Parco si deve rimettere agli organi scientifici non ha senso di esistere. La seconda valutazione politica la porterò sui tavoli romani. Il Governo deve chiarire un punto: chi ha la priorità sullo sviluppo del Gran Sasso, il ministero delle Infrastrutture che finanzia gli investimenti o il ministero dell’Ambiente che li blocca?». Anche perché il solerte Ministero dell’Ambiente deve nominare il successore di Diaconale e soprattutto il direttore del Parco (la terna di nomi è sul tavolo da aprile).