Il procuratore generale della Corte di cassazione sta svolgendo accertamenti preliminari su alcune intercettazioni che ieri hanno fatto discutere. Colloqui, pubblicati in prima pagina sul Fatto Quotidiano, tra il generale della Guardia di finanza Michele Adinolfi e alti esponenti istituzionali in un’indagine archiviata i cui atti non erano dunque destinati a diventare pubblici.
Tra gli intercettati c’è Matteo Renzi, che all’inizio del 2014, parla con Adinolfi della situazione del governo allora presieduto da Enrico Letta. Si tratta di conversazioni «captate» nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla procura di Napoli sulla cooperativa Cpl che un paio di mesi fa aveva portato tra l’altro all’arresto del sindaco di Ischia. Questa parte dell’indagine era stata trasmessa dal pubblico ministero Henry John Woodcock ai colleghi romani che avevano deciso di archiviarla non rilevando alcun profilo penale nelle telefonate del generale Adinolfi, né nelle intercettazioni ambientali - effettuate dai carabinieri del Noe - che avevano colto l’alto ufficiale durante un pranzo nel quale, ipotizza il Fatto, « Adinolfi sembra dire che il capo dello Stato sarebbe ricattabile» a causa di suo figlio, Giulio Napolitano, dipinto come un uomo di grande potere.
Il professor Giulio Napolitano, in una lettera al Fatto scrive che valuterà le azioni da intraprendere e sottolinea: «Nei nove anni di presidenza di mio padre ho sempre assunto un profilo pubblico e professionale volutamente in disparte, rifiutando moltissimi incarichi che anche indirettamente avrebbero potuto riverberarsi negativamente sulla attività e la immagine del presidente della Repubblica». L’ufficio del senatore a vita Giorgio Napolitano ha smentito categoricamente che il presidente sia stato oggetto di un ricatto giudicando pretestuosi gli attacchi, peraltro non nuovi.
La prima telefonata intercettata è dell’11 gennaio 2014 giorno del compleanno di Renzi, un colloquio tra Renzi stesso e il generale Adinolfi. Nella conversazione, mentre parla da un’utenza intestata alla fondazione Big Bang, l’attuale capo del governo avrebbe detto: Enrico non è capace. Non è cattivo, non è proprio capace. Racconta di aver incontrato il giorno prima Letta e di avergli proposto di lasciare Palazzo Chigi, in cambio della promessa di una futura elezione al Quirinale.
Renzi riferisce il rifiuto e al generale dice: la settimana prossima sarà decisiva perché vediamo se riusciamo a chiudere l’accordo di governo. «Rimpastino?» chiede Adinolfi. «Rimpastone, no rimpastino. Il problema è capire anche se mettere dentro qualcuno dei nostri. E sai, c’è prima l’Italia. Mettersi a discutere per buttare all’aria tutto, secondo me alla lunga sarebbe meglio per il Paese perché lui è proprio incapace. L’alternativa è governarlo da fuori». Il problema, analizzano i due, però è Napolitano che non è d’accordo. Ma Berlusconi sì, anticipa l’allora sindaco di Firenze, e il Fatto osserva che la conversazione avviene poco prima dell’incontro in cui si stipulerà il patto del Nazareno: «E poi il numero uno anche se mollasse ce l’ha a morte con Berlusconi per cui..., e Berlusconi invece sarebbe più sensibile a fare un ragionamento diverso». Il deputato del Movimento 5 Stelle, Alessandro Di Battista, chiede al presidente del Consiglio di riferire in Parlamento sulla vicenda.