NAPOLI Il patto Stato-camorra passa per un parlamentare e componente della commissione antimafia, il forzista Carlo Sarro, tocca l'ex sindaco di Caserta, Pio Del Gaudio, si concentra nelle mani di due ex consiglieri regionali, l'uno già senatore e responsabile del ciclo integrato delle acque in Campania, Tommaso Barbato, l'altro implicato in diversi fatti di camorra, Angelo Polverino. Voti in cambio di appalti, dopo la metanizzazione (lo scandalo è della settimana scorsa), si parla di Casalesi e acqua ed emerge, ancora una volta, che l'ex primula rossa di Casapesenna, il boss detenuto Michele Zagaria, è stato il puparo di un decennio di appalti pilotati.
Il sistema scoperto dal Ros dei carabinieri di Napoli (guidato dal colonnello Giovanni Fabi, coadiuvati dalla sezione distaccata del Ros di Caserta) con la collaborazione del comando provinciale di Caserta (diretto dal colonnello Giancarlo Scafuri) ha messo in luce «ancora una volta l'infiltrazione della camorra evoluta nella politica locale e nazionale, con lo scopo di manipolare le opere pubbliche», ha detto il procuratore di Napoli, Giovanni Colangelo. Il sistema si è concretizzato attraverso una raffica di appalti affidati per somma urgenza quando non ve n’era alcuna necessità. La Dda di Napoli ha chiesto e ottenuto l'arresto di tredici persone e attende per Sarro l'autorizzazione del presidente della Camera dei deputati.
In prigione ci sono finiti il sindaco di Caserta, sfiduciato dalla sua maggioranza poco più di un mese fa, e Tommaso Barbato. Del Gaudio avrebbe ricevuto un finanziamento di 30mila euro per la propaganda elettorale promettendo che, in caso di vittoria, avrebbe assicurato appalti agli imprenditori «amici». L’ex sindaco non risponde dell’accusa di associazione di stampo mafioso, a differenza di Angelo Polverino (che pure avrebbe finanziato la campagna elettorale con soldi «sporchi») che da ieri è di nuovo in carcere. Stessa sorte per gli imprenditori di Casapesenna che hanno gestito «in totale egemonia gli appalti per la rete idrica in Campania, come se non ci fossero state altre ditte in tutta la regione» ha spiegato in conferenza stampa il procuratore aggiunto di Napoli, Giuseppe Borrelli che ha poi chiarito che «Il tutto avveniva attraverso il creatore del sistema, Tommaso Barbato, all'epoca dirigente dell'Acquedotto, perennemente in contatto con Franco Zagaria, cognato defunto del boss Michele». I pentiti parlano di Barbato come della «nostra figura di riferimento in Regione», e degli imprenditori come «del bancomat di Zagaria, quelli da usare per reperire soldi». L'operazione «Medea» ha squarciato una coltre sulla politica sotto la quale fanno capolino i camorristi. Dietro di loro, gli imprenditori collusi che per un certo periodo hanno cercato di imbarcarsi sul carrozzone dell’associazionismo antimafia denunciando estorsioni mai avvenute e cercando di portare Tano Grasso a Casapesenna (il presidente della Fai non accettò mai il loro invito), per mettersi al di sopra di ogni sospetto. Tentativi caduti nel vuoto: da ieri Pino, Orlando e Antonio Fontana, Vincenzo Pellegrino, Lorenzo e Bartolo Piccolo sono in prigione. Per un certo periodo, però, alcuni di loro sono stati capaci di scavalcare anche l'ostacolo dell'interdittiva antimafia per mettere le mani sugli appalti pubblici, ricorrendo ora alle intestazioni fittizie, ora ad esponenti delle forze dell'ordine al soldo della piovra.
LA RETE
E nella rete dei Ros sono finiti anche un carabiniere e un finanziere. Il primo, in congedo ormai da tempo, si chiama Alessandro Cervizzi ed era in servizio a Caserta: passava informazioni a Fontana (uno dei costruttori arrestati) sulle indagini in corso su di lui. «Lo fece – scrive il gip Egle Pilla che ha spiccato l'ordinanza – per garantire un lavoro alla sua primogenita all'ospedale di Caserta e in cambio di vacanze a Sestriere per il secondo figlio». È finito ai domiciliari. Per il finanziere, invece, che avrebbe rivelato notizie sugli accertamenti patrimoniali in corso, il gip deciderà se procedere all’interdizione dai pubblici uffici per 60 giorni dopo l’interrogatorio. Dominus della squadra di imprenditori dei Casalesi era Pino Fontana, personaggio capace di tenere in pugno un deputato: Sarro, all'epoca commissario straordinario dell'Ato3 Sarnese-Vesuviano. Fontana voleva vincere una gara d’appalto bandita dall’Ato3 e per questo cercò di ricattare Sarro, con la minaccia di denunciarlo per avere intascato una mazzetta da due milioni e mezzo di euro. A margine delle responsabilità penali che da oggi ciascun indagato avrà modo di spiegare al gip, le 298 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare aprono uno spaccato poco chiaro su personaggi non identificati, uomini dello Stato che hanno a vario titolo avuto un loro ruolo nel sistema. Durante le indagini viene infatti intercettata una conversazione secondo la quale un poliziotto avrebbe preso dalle mani di Michele Zagaria una pen drive negli attimi immediatamente successivi l’irruzione nel bunker in via Mascagni a Casapesenna