Il rischio è quello di trasformare l'Italia dei Comuni e dei suoi piccoli tesori in tante città stato (alcune delle quali all'interno di aree fortissime come la Lombardia). L'Abruzzo ovviamente non ha città metropolitane (molti politici non hanno ancora compreso il danno) ma la Delrio ci dà la possibilità di ripensare il governo del territorio sviluppando un’idea moderna di integrazione che superi campanilismi e interessi localistici. Una Regione che legiferi e programmi, ed aree vaste che assumano ruoli operativi di organismi intermedi ed esecutivi, spazzando via ambiti, consorzi, società autoreferenziali in competizione tra loro ai soli fini della salvaguardia dei CdA, è ineludibile. Da Presidente della Provincia-area vasta di Teramo, ritengo che l’area (non) metropolitana Chieti-Pescara sia un traino per tutta la Regione, a condizione, però, che la classe politica regionale, elabori (se ne è capace) una idea complessiva dell’Abruzzo in cui L’Aquila non abbia la sensazione di vedersi ridurre il suo ruolo di riferimento “storico” ed istituzionale e Teramo non abbia la sensazione di essere considerata periferia, e non luogo di innovazione e culla delle nuove imprese 3.0, com'è nel suo dna. Quindi, trovo preoccupante e privo di una strategia, anche di comunicazione, il modo con il quale la Regione sta affrontando questioni che incidono sulla carne viva degli abruzzesi. Non preoccupa nè spaventa avere, ad esempio, una Asl unica, ma vorrei capire in che modo questo si tradurrà in un miglioramento dell'offerta sanitaria regionale e come garantirà che tutti abbiano gli stessi servizi allo stesso costo. Concordo sulla necessità di chiudere reparti inefficienti, doppioni o non dimensionati secondo gli standard di legge (Atri) ma vorrei che qualcuno mi spiegasse perché avviene in alcuni territori mentre in altri si potenziano reparti di cardiochirurgia (Pescara-Chieti) quando vi sono eccellenze riconosciute altrove (Teramo). Converrà con me che il messaggio non solo è contraddittorio, ma risulta molto poco rassicurante e a tratti poco credibile, per chi come me, vuole una sanità che curi, non l’Ospedale sotto casa. Altro esempio. Considero ineludibile, proprio per la limitata porzione geografica della regione, che, accanto ad una realtà territoriale omogenea come quella di Pescara-Chieti, L'Aquila e Teramo debbano pensare, con la regia della Regione, ad una integrazione dell'offerta turistica, creando un brand del Gran Sasso, patrimonio dell'Unesco. Insieme, però, con pari dignità. Ora, però, come è possibile considerare accorpamenti di servizi e di sistemi produttivi, se non si affronta il nodo delle infrastrutture (autostrada tra le più care d'Italia) e dei trasporti pubblici (solo su gomma e secondo le indiscrezioni neppure più pubblica)? È sconcertante che su temi così importanti vitali non ci sia dibattito pubblico nelle classi dirigenti, non solo politiche, abruzzesi. Ed è ancor più sconcertante pensare di poter risolvere nuovi e antichi problemi con riforme calate dall’alto. Io credo che gli abruzzesi siano pronti, lo hanno dimostrato, ad accettare decisioni drastiche e difficili; purché si dimostri loro - dati, cifre, fatti - che le rinunce di oggi, daranno maggiori benefici domani. Nessuna riforma sarà mai accettata dai cittadini se non ci si fa carico di cambiare le regole del gioco istituzionale: solidarizzando con i cittadini, solidarizzando fra enti locali e, per una volta, grazie anche alle nostre ridotte dimensioni geografiche, provando a creare un “modello” di gestione del “pubblico” che ci unisca e non ci divida: amato dai cittadini perché quello che si realizza è ampiamente compreso e condivisibile.
(*) Presidente Provincia-area vasta di Teramo
Forse è la prima volta che mi capita di leggere l'intervento di un amministratore locale che inizia un ragionamento sul futuro riconoscendo le ragioni degli altri territori. Mi sembra un buon punto di partenza. (Mauro Tedeschini)