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Data: 21/07/2015
Testata giornalistica: Il Centro
La scomparsa di Cucullo - In fila per salutare Nicolino. Di Primio: lutto cittadino. Il sindaco ci ripensa. Oggi alle 16,30 i funerali a San Giustino ma Forte non ci sarà

CHIETI Era il sindaco del popolo. Rispettato, temuto, ma anche il più amato ed eletto tre volte di seguito. La malattia ha tenuto Nicola Cucullo lontano dalla sua Chieti. Ma la città non l’ha dimenticato ed ha sfilato in una lenta processione per tutta la giornata per andare a salutarlo nella camera ardente in Provincia, presidiata dal figlio Massimo, dalla nuora Marcella e dalla nipote Valentina. Politici, ex politici, persone venute da fuori città, amici di sempre, ma soprattutto tanta gente comune. La folla si è radunata davanti alla Provincia alle 10. Il carro funebre è arrivato un’ora più tardi. Un grande applauso ha accompagnato l’ingresso di Nicolino in Provincia. La folla composta è poi rimasta per una decina di minuti lungo le scale che conducono al secondo piano. Il tempo necessario ai parenti, assistiti dall’ex assessore comunale Roberto Marino e dal sindaco Umberto Di Primio, di preparare la camera ardente. Tra i primi ad entrare l’ultraottantenne storico leader della destra, Raffaele Delfino, e l’ex senatoreo Dc, Germano De Cinque. Subito dopo gli amici fidati: Aurelio Bigi, che Cucullo volle per anni commissario del teatro Marrucino, e Tonino Salvatore, ex assessore allo sport. A vederli insieme a Marino sembrava di essere tornati indietro nel tempo. «E’ stata una persona onesta e lungimirante», è il ricordo di Bigi, «aveva disegnato per Chieti un ruolo culturale che aveva tentato di rendere concreto acquistando l’ex Eden e palazzo Massangioli per fare, insieme al Marrucino, un piccola cittadella della cultura. Per tutti gli anni che sono stato commissario in teatro, non ho mai ricevuto da lui una minima pressione perché scegliessi qualcuno. Mai una raccomandazione. Mai neanche una indicazione». Di storie sulla sua onestà ce ne sono tante. Come quella raccontata dal figlio Massimo: «Avevo bisogno di un permesso per entrare nella ztl in cui ho lo studio. Ebbene, ho dovuto fare regolare richiesta come tutti e poi, visto che il permesso era rimasto al vaglio del sindaco, ho dovuto anche chiedere alla sua segretaria un appuntamento. La signora Manola ha dunque scritto il mio nome nella lista dei tanti che chiedevano di vederlo. Alla fine il permesso l’ho avuto. Ma solo perché mi toccava». «E’ un giorno di dolore per tutta la città», dice l’ex presidente della Regione, Giovanni Pace, arrivato in Provincia insieme all’onorevole Fabrizio Di Stefano. Pace ha ricordato anche i tempi dello studio in corso Marrucino in comune con Cucullo, che è stato anche suo testimone di nozze. Vestiti con maglie uguali, blu scuro con la scritta in giallo, c’erano i ragazzi di Casapound. Hanno sfilato intorno alla bara per un saluto silenzioso. Il responsabile cittadino è Francesco La Penna (figlio dell’ex consigliere comunale del Movimento sociale, molto vicino a Cucullo, Lorenzo): «Siamo venuti per omaggiare un personaggio che incondizionatamente ha amato questa città», spiega, «per noi è un onore, un piacere e un dovere». In tarda mattinata è arrivato anche il consigliere regionale Mauro Febbo, insieme al collega Lorenzo Sospiri e all’assessore comunale Mario Colantonio. Di Febbo è stato il primo manifesto funebre intitolato a “un combattente che non muore mai”. Poi piano piano ne sono spuntati tanti altri: dal Collegio geometri, alla fondazione Alleanza Nazionale, al Circolo degli Amici, all’Ance, per citarne solo alcuni. E la gente del centrosinistra? Non molta:Mario Pupillo, Gabriele Salvatore e Tommaso Coletti che dice: «Anche se di idee politiche diverse è stato un brano e onesto ammintratore». Quell’onestà che tutti riconoscono a Nicolino, morto a 85 anni dopo una vita dalla parte della gente che ora piange mentre si china sulla bara. La bacia e si asciuga le lacrime. Per lui è certamente il saluto più autentico.


Di Primio: lutto cittadino. Il sindaco ci ripensa. Oggi alle 16,30 i funerali a San Giustino ma Forte non ci sarà.

CHIETI Lutto cittadino nel giorno in cui la città renderà l’ultimo saluto all’uomo che per 11 anni l’ha governata. Alla fine il sindaco Umberto Di Primio ci ha ripensato e ha deciso di proclamare la giornata di lutto. «Ho deciso in questa maniera», ha detto, «non perché Cucullo è stato un ex sindaco, ma perché è stato un personaggio fortemente amato dalla nostra città. Pur tra le divisioni di parte, lui è riuscito sempre ad essere un punto di riferimento per tutti». La proclamazione ufficiale del lutto cittadino ha avuto un alto gradimento in città, come ha registrato la piattaforma virtuale di facebook che aveva fatto pressioni perché si arrivasse a una dichiarazione ufficiale. Ma la proclamazione ha coinciso anche con la domanda dei dipendenti comunali sul fatto se si lavorasse o meno. Il sindaco è stato costretto a specificare che in questa giornata di “lutto-cordoglio”, come l’ha definita, il Comune «terrà le bandiere a mezz'asta e alle 16.30 saluteremo Nicola in cattedrale». Aggiungendo che, comunque, «non è un giorno per andare al mare». Resta da vedere quante saranno le saracinesche abbassate degli esercizi commerciali, almeno al momento del funerale. A celebrare il rito funebre non ci sarà l’arcivescovo metropolita, monsignor Bruno Forte, attualmente a Napoli. Il cardinale Edoardo Menichelli, attraverso Tonino Salvatore, ha fatto arrivare in città il suo messaggio di cordoglio e di vicinanza alla famiglia e alla cittadinanza. Ma anche lui non potrà essere a Chieti perché impegnato nella celebrazione contemporanea di un altro rito funebre per un sacerdote. La funzione sarà dunque celebrata alle 16,30 di oggi da don Nerio Di Sipio, parroco di San Giustino. Tra la folla cattedrale, invece, ci sarà il presidente della Regione, Luciano D’Alfonso, che non si vedeva più in città dai tempi della campagna elettorale. Non ha mandato messaggi di cordoglio negli ultimi due giorni ma ieri sera nel suo diario ha annunciato la presenza al funerale di Nicolino. Tra i due c’era un rapporto di stima. Era il minimo che D’Alfonso potesse fare.

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