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Pescara, 24/11/2024
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22/07/2015
Il Centro
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Cucullo, l’ultimo saluto anche da Buracchio. In mille in cattedrale. Saluti romani e striscioni di Casapound e degli ultrà. «Grazie per i tuoi insegnamenti» La lettera di D’Alfonso: Nicolino, formidabile geometra che sapeva amministrare |
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CHIETI La morte cancella tutto. Aazzera odi e passioni terrene. E così tra le oltre mille persone che ieri hanno affollato la cattedrale di San Giustino per rendere l’ultimo saluto all’ex sindaco Nicola Cucullo, c’era anche l’avversario di un tempo, l’altro ex sindaco Andrea Buracchio che, accompagnato dall’imprenditore Alfiero Marcotullio, ha reso omaggio all’acerrimo oppositore politico che 22 anni lo fece arrestare. Questa volta c’erano proprio tutti, o quasi. Dagli esponenti politici, anche di opposte fazioni, agli amici di sempre, ai collaboratori di un tempo di cui s’era persa traccia, a quanti consideravano Cucullo un simbolo, l’incarnazione di quella politica onesta, genuinamente vicina al popolo e tenacemente attaccata alle sorti della propria terra. Ma soprattutto c’era la gente di Chieti, quella che vedeva in Cucullo uno di loro, il sindaco del popolo. E poi c’era la famiglia, i parenti arrivati da Roma e soprattutto il figlio Massimo, la nuora Marcella e la giovane nipote Valentina, in lacrime dietro la bara del nonno, a lungo consolata dall’abbraccio e dalle parole del padre. GLI STRISCIONI. Alle 16.30 del pomeriggio di ieri, il carro funebre, con la bara coperta dalla bandiera italiana e rose rosse, si è fatto strada a passo d’uomo lungo via Pollione, dove qualche saracinesca è rimasta abbassata in segno di lutto, fino ad arrivare ai piedi della cattedrale dove i ragazzi di Casapound avevano già srotolato il loro mega striscione. C’era scritto: “Al tuo disperato amore per Chieti sindaco Cucullo presente”. Un altro grande striscione è stato attaccato di fronte all’entrata della chiesa dai tifosi della Chieti calcio. C’era scritto: “Onoriamo chi ha fatto tanto per Chieti. Esempio di vera Teatinità! Addio Cucullo! – 89”. IL MESSAGGIO DI FORTE. Monsignor Bruno Forte da Napoli ha fatto pervenire un suo messaggio: «Sebbene avesse fatto affermazioni che non potevo condividere, ad esempio sul dramma della Shoah», si legge in un brano del messaggio, «devo riconoscere il suo amore per la città teatina e il suo desiderio di impegnarsi con passione e generosità per i suoi concittadini». Così a celebrare il rito sono stati il parroco della cattedrale, don Nerio Di Sipio, insieme a don Roberto Miccoli, don Rocco Marsibilio e padre Raffaele Rollo. Durante la messa si sono registrati problemi sia con i microfoni che con l’energia elettrica, saltata e poi tornata verso la fine. La cerimonia è stata accompagnata dal violino di Peppino Pezzulo e dall’organo di Walter D’Arcangelo. I MESSAGGI DALL’ALTARE. Dall’altare hanno risuonato anche altri messaggi. Gianmarco Medoro ne ha letti due a nome della famiglia che intendeva ringraziare le tantissime persone che hanno testimoniato il loro cordoglio, e a nome di monsignor Panfilo Argentieri per la sua “forzata assenza a causa di impegni improrogabili”. L’ultimo messaggio è stato letto a nome dell’Anffas e della presidente della sezione teatina, Gabriela Casalvieri. IL SILENZIO DELLA POLITICA. Non hanno parlato, invece, i rappresentati della politica. «Consultandomi con la famiglia, ho pensato che era meglio restare in silenzio», ha detto il sindaco Umberto Di Primio, che si è presentato senza fascia tricolore. «La fascia l’ho portata dietro con me. Ma ho deciso di non indossarla perché per me il sindaco era ed è sempre stato Nicola Cucullo”. E in effetti, Cucullo è stato sepolto con quella fascia tricolore a cui tanto teneva. Molti gli esponenti politici intervenuti. Oltre a Di Primio c’erano i consiglieri regionali di FI Mauro Febbo e Lorenzo Sospiri, il coordinatore regionale FI, Nazario Pagano, molti assessori della giunta comunale, alcuni dei quali assessori anche con Cucullo, come Emilia De Matteo. C’era anche l’ex presidente della Regione Giovanni Pace, seduto accanto all’attuale presidente, Luciano D’Alfonso. Il Pd era presente ancora con il sottosegretario alla presidenza della Regione, Camillo D’Alessandro, il presidente della Provincia Mario Pupillo con la fascia blu sulle spalle, l’ex sindaco Francesco Ricci e i consiglieri comunali Chiara Zappalorto e Filippo Di Giovanni. TANTE PRESENZE. C’erano anche l’ex senatore Dc, Germano De Cinque, e, accompagnato dai nipoti, Paolo e Federico, il costruttore Ulrico De Cesare. Erano presenti gli amici Roberto Marino, Aurelio Bigi, Tonino Salvatore, Enrico Bucci e i collaboratori di un tempo, come Cristiano Sicari che, allora giovane avvocato curava molti dei problemi legali del Comune, e gli uomini che, insieme, a Bigi segnarono la rinascita del Marrucino, come Maurizio Colasanti e soprattutto l’ex direttore artistico Sergio Rendine. Barba lunga scura con venature brizzolate, prima di risalire sull’auto che lo avrebbe riportato lontano da Chieti, Rendine ha fatto una tappa silenziosa davanti al teatro Marrucino. Si è seduto sulla nuova fontana proprio dirimpetto all’entrata ed è rimasto lì per alcuni minuti. «Sono preoccupato per questo teatro», ha detto risalendo sull’auto senza spiegare i motivi. IL SALUTO ROMANO. L’applauso della folla all’uscita della bara dalla cattedrale, le lacrime e i singhiozzi di Valentina, gli abbracci e le condoglianze per i familiari sono stati gli ultimi momenti del funerale. Ci si attendevano, infine, i saluti fascisti. Che non sono mancati insieme ai cori che inneggiavano al “camerata” Nicola Cucullo. E forse è giusto così per un uomo che amava definirsi “fascista”.
«Grazie per i tuoi insegnamenti» La lettera di D’Alfonso: Nicolino, formidabile geometra che sapeva amministrare di Luciano D’Alfonso (*)
Ho conosciuto Nicola Cucullo quando ero Presidente della Provincia di Pescara. Abbiamo fatto un viaggio insieme nel 1998 a Buenos Aires, per andare a trovare la comunità abruzzese di San Vincenzo di Guardiagrele, ospiti di quel Fernando Pomilio che all’epoca era responsabile della Camera di commercio nella capitale argentina. In quell'occasione mi parlò del suo rapporto con Chieti - profondo, viscerale - e del valore del decoro urbano. Quando ero sindaco di Pescara venne spesso a trovarmi e mi fece capire l'importanza fondamentale della manutenzione e del controllo delle voci economiche nei progetti, così come mi spiegò che la verità di un appalto è scritta nei capitoli prestazionali, ovvero quanto si prevede di pagare l'acquisto dei singoli beni e servizi. E' come se mi avesse donato ripetizioni gratuite. E' stato un formidabile ed instancabile geometra prestato all'amministrazione, con un attaccamento ai valori della comunità che lo ha reso personaggio statuario nella memoria cittadina teatina. Se dovessi elencarne tre caratteristiche peculiari lo definirei popolare fino a essere popolano, combattivo fino all'irriverenza, appassionato senza alcuna misura; tratti che lo hanno reso un sindaco perfettamente coerente con la rivoluzione dell'elezione diretta dei primi cittadini. E infatti fu il primo a Chieti ad essere eletto direttamente dal popolo, dimostrando di impersonare al meglio la nuova fonte di legittimazione. Un imprenditore di Chieti amico comune e il suo storico autista mi hanno permesso di salutarlo subito dopo la mia elezione a Presidente della Giunta regionale. Lo percepii fisicamente indebolito ma pieno di straordinari ricordi. Mi salutò dicendomi di non trascurare i figli a causa della responsabilità in Regione: «Mi raccomando, ascoltami, altrimenti te ne pentirai». Una stretta di mano, caro sindaco, sapendo che hai vissuto intensamente il tempo della tua vita per Chieti. (* governatore dell’Abruzzo)
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