Liquidare Atac Spa attraverso un’operazione di fallimento «modello Alitalia» e passare metro e bus ad una nuova società partecipata (dai privati) e gestita dalla Regione Lazio. È questo il futuro prossimo del trasporto pubblico capitolino. Il consiglio d’amministrazione di Atac, infatti, nei giorni scorsi ha certificato quello che era noto da tempo: anche quest’anno l’azienda ha accumulato una perdita così ampia (141 milioni di euro) da superare i limiti consentiti dalla legge (un terzo del capitale sociale) e trovandosi nelle condizioni di «fallimento tecnico» (articolo 2484, comma 4 del Codice civile). Solo che questa volta, a differenza degli anni scorsi, Regione Lazio e Governo nazionale probabilmente non daranno al Comune di Roma i 200 milioni di euro necessari per ricapitalizzare. E allora, via ai libri in tribunale ed allo scioglimento dell’ultracentenaria azienda comunale, fondata nel 1909.
Il governatore Nicola Zingaretti e il premier Matteo Renzi sono già d’accordo. E pare che anche il sindaco Ignazio Marino ormai si sia convinto. Lo scenario è presto fatto. Atac viene spacchettata in due società: una good company con tutta la parte operativa, ovvero settore ferro e settore gomma, e una bad company che si accollerebbe tutti i debiti e gli impiegati amministrativi. A quel punto, la good company andrebbe a confluire in una nuova azienda insieme a Cotral e a Ferrovie dello Stato (attraverso Trenitalia Lazio e Busitalia), per la gestione unica e totale del trasporto su tutto il territorio regionale. La bad company, invece, sarebbe fatta fallire: gran parte dei 64 super dirigenti verrebbero liquidati, mentre di quadri e funzionari una parte minoritaria confluirebbe nel nuovo soggetto mentre gli esuberi finirebbero a rinforzare i dipartimenti capitolini. Nuova di zecca anche la di gestione, con lo scioglimento dell’Agenzia Roma Servizi per la Mobilità. Unico dubbio riguarderebbe le ferrovie concesse. La Roma-Viterbo, infatti, resterebbe com’è, la Termini-Giardinetti si trasformerebbe in un semplice tram, mentre sul destino della Roma-Lido pende l’offerta dei francesi di Ratp Dev, che hanno già messo sul piatto 250 milioni di euro: la Regione Lazio però tentenna, perché sulla linea (che andrà a servire anche il nuovo stadio dell’As Roma) pendono gli appetiti delle Ferrovie dello Stato.
Anche politicamente, l’operazione rappresenterebbe la chiusura del cerchio. Gestire il trasporto capitolino permetterebbe al mondo zingarettiano di cominciare a governare i processi su Roma, nel quadro di un Pd sempre più preda di Matteo Orfini. Non a caso l’assessore alla Mobilità, Guido Improta, si è messo (forse momentaneamente) da parte, proprio per non partecipare ad un’operazione che non lo ha mai visto pienamente d’accordo. Da capire se Improta accetterà di restare in Giunta, come vorrebbe Ignazio Marino (magari come vicesindaco), o se il suo posto verrà preso dall’ingegnere Antonio Mallamo, fedelissimo di Zingaretti e padre del progetto di società unica regionale.