PESCARA Da un parte il tessuto economico, associativo e imprenditoriale (oltre al responso del referendum, però solo consultivo), e dall’altra la politica. La spaccatura si è cristallizzata ieri, dopo un «no» sostanziale degli amministratori, seppur con diversi distinguo, alla Grande Pescara, per la quale l’anno scorso nella consultazione elettorale prevalsero nettamente i sì (64%), di fronte alla richiesta di Camera di Commercio, Cna, la confederazione nazionale degli artigiani, e Confindustria, che ieri hanno messo all’ordine del giorno una mozione in cui s’è chiesto, di fronte al presidente della regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso - ottenendo un «sì» perentorio, e all’unanimità, alla Grande Pescara - la fusione tra i tre Comuni di Pescara, Montesilvano e Spoltore. Se n’è parlato ieri nel Forum dell’economia e dello sviluppo indetto dalla Camera di commercio di Pescara, a cui hanno preso parte, tra gli altri, oltre a D’Alfonso, il presidente della Camera di commercio, e presidente del Forum dell’economia, Daniele Becci, il presidente di Confindustria Chieti–Pescara Gennaro Zecca, il direttore della Cna di Pescara Carmine Salce, e i sindaci di Pescara, Montesilvano e Spoltore, Marco Alessandrini, Francesco Maragno e Luciano Di Lorito. Insomma, stando a quanto emerso dalla discussione - a cui hanno preso parte anche Nicola Mattoscio, in qualità di membro del comitato promotore per il «sì» al referendum, Enrica Sabatini e Marcello Antonelli, capigruppo in consiglio comunale rispettivamente dei 5 Stelle e di Forza Italia - difficilmente la Grande Pescara vedrà la luce. «La volontà popolare», ha rimarcato ieri Alessandrini, «va rispettata. Ma bisogna valutare ogni aspetto della fusione». Anche per Maragno «le considerazioni dei singoli devono cedere il passo di fronte alla volontà popolare. Ma una fusione a freddo», ha osservato, «non serve. Ci sono dei rischi di disastri amministrativi». Un «no» ancora più deciso è arrivato dal sindaco di Spoltore, seppur «nella consapevolezza della volontà degli elettori». «Non voglio affidare il mio Comune ad altri», ha infatti evidenziato Di Lorito, «soprattutto perché ho dei dubbi sulla capacità di ricezione dei processi amministrativi». Una pietra tombale sulla Grande Pescara sembra essere stata posta da D’Alfonso, che ha sì annunciato lo sbarco in consiglio regionale di tre disegni di legge in proposito, ma ha avvertito di non cedere alla «malapianta del tumoralismo del particolarismo locale». Per D’Alfonso, non conta il «numero», riferendosi alla somma potenziale della popolazione dei tre Comuni, definita «gonfiezza», ma la «funzionalità». Per il il governatore la Grande Pescara potrebbe essere sinonimo di «irredentismo locale» e di «periferizzazione».