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Data: 27/07/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Scioperi, Delrio prepara la legge Ok al referendum ma nessun decreto. Per il ministro delle Infrastrutture in futuro servirà il consenso di almeno il 51% dei lavoratori prima di bloccare un servizio.

ROMA Se fosse per lui, per Graziano Delrio, la stretta sugli scioperi sarebbe già una realtà. Del resto, non è un mistero, il ministro delle Infrastrutture ci sta pensando da almeno un paio di mesi, consapevole che la situazione, specialmente a Roma nei trasporti pubblici, è diventata insostenibile ed esplosiva. Non ne fa una questione ideologica, ma di buon senso. Perché è assurdo che una sparuta minoranza di lavoratori, con sigle sindacali marginali, blocchi un’intera città o, tanto per citare gli ultimi clamorosi casi, paralizzi Pompei o metta in ginocchio Alitalia. Certo il ministro va con i piedi di piombo, aspetta che si coaguli il massimo consenso sindacale e che da Palazzo Chigi parta la spinta finale a cambiare le regole. Il premier Matteo Renzi vuole fare presto. L’opinione pubblica, si sa, è fin troppo d’accordo. La minoranza Dem meno. Nella Capitale, turisti e romani non ne possono più di scioperi selvaggi, agitazioni improvvise e blocchi a singhiozzo del servizio. Dare un segnale chiaro, in vista del Giubileo e con l’Expo in pieno svolgimento, non sarebbe un errore e avrebbe un impatto a livello internazionale.
LA PROPOSTA

La riforma Delrio è di fatto pronta. Una revisione soft della legge sugli scioperi che mette al primo punto la necessità di sottoporre a referendum tra i lavoratori la possibilità di scioperare o meno, dando il via libera alle agitazioni solo con il 51 per cento dei consensi. Tagliando fuori le minoranze, le frange più estreme, che spesso, dice il ministro, «condizionano la vita di una città quando la stragrande maggioranza dei lavoratori ha opinioni ben diverse». A pagare, è noto, sono sempre i più deboli, i pendolari, i cittadini che devono per forza di cose utilizzare i servizi pubblici.
NUOVE REGOLE
Il ministro condanna poi tutte quelle pratiche, spesso ai limiti di legge, che creano disagi e disservizi gravissimi. Come gli scioperi bianchi, le agitazioni senza preavviso e, come accaduto più volte all’Atac, chi si rifiuta di timbrare il cartellino e magari lavora molto meno degli altri colleghi. Giusto quindi sanzionare e, in alcuni casi, far scattare le precettazioni. Serve in sostanza un cambio di rotta senza ledere, è evidente, i principi costituzionali e il conseguente diritto di astenersi dal lavoro in determinate circostanze.

Le nuove regole si basano su una premessa quasi scontata. La decisione di bloccare una città deve riscuotere il consenso della maggioranza dei lavoratori. Perché si tratta di una scelta pesante, con un impatto forte sulla cittadinanza.
E poi, ha spiegato spesso il ministro, si fa così in tutta Europa, in Germania in particolare. Per questo motivo, a giudizio del ministro, la scelta di proclamare uno sciopero in un settore pubblico così delicato come i trasporti dovrà essere messa ai voti.
Giusto quindi introdurre la soglia del 51% dei consensi dei lavoratori allo sciopero. Una soglia bassa perché in Germania vige quella del 75% e ultimamente - dopo uno sciopero di due giorni della metropolitana di Londra - il governo conservatore della Gran Bretagna sta pensando di introdurre il referendum obbligatorio che farebbe scattare lo sciopero solo se i ”sì” dovesserO superare il 65% dei consensi.
L’obiettivo del governo italiano è quello di creare un filtro che favorisca il confronto interno fra le parti. Maggioranze più alte per incrociare le braccia potrebbero essere invece richieste solo in certe occasioni particolari. Delirio non vuole un decreto, ma si aspetta che il Parlamento affronti il tema per chiudere il cerchio in tempi rapidi.

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