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Data: 27/07/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Partecipate, non decolla il riordino. Pochi risultati dai piani di riassetto chiesti agli enti locali ora il governo punta sui decreti attuativi della riforma Pa.

ROMA Sulle partecipate il governo cambia strategia e tenta di accelerare. Il riordino della galassia delle società pubbliche, ed in particolare quelle controllate da Regioni, Province e Comuni è sulla carta uno dei capitoli più consistenti del piano di revisione della spesa da cui il governo dovrebbe ricavare complessivamente almeno dieci miliardi per l’anno prossimo. Ma il 2016 è vicino e nella prossima legge di Stabilità le varie misure dovranno essere impostare con l’obiettivo di ottenere risparmi certi.
Sul tema partecipate, in realtà il governo aveva già iniziato a muoversi da tempo. Le iniziative legislative in campo sono più di una. C’è la legge di Stabilità per il 2015, quella approvata dal Parlamento lo scorso autunno, nella quale veniva richiesto ai vari pezzi dell’amministrazione pubblica, non solo Regioni e Comuni ma anche università ed altri organismi, di mettere a punto (entro il 31 marzo di quest’anno) dei piani per la razionalizzazione. Piani che dovevano essere recapitati anche alla sezione regionale della Corte dei Conti. I vari avrebbero poi avuto un anno di tempo per provvedere e dare attuazione, e presentare quindi una relazione con i risultati raggiunti. Prudentemente, la relazione tecnica al provvedimento non stimava risparmi da questa operazione.
I piani, seppur non tutti con perfetta puntualità, sono stati preparati e inviati. Ma da una loro prima analisi risulta ad esempio che solo una piccola quota, meno del 10 per cento, prevedano fusioni e accorpamenti, che erano una delle indicazioni date dall’esecutivo. Le indicazioni contenute sono spesso generiche e si riferiscono ad aspetti non sostanziali anche se simbolicamente rilevanti come il numero dei posti nei consigli di amministrazione. E più in generale c’è il dubbio che tutta la procedura possa portare a dei risultati concreti nei tempi richiesti.
Per questo il governo sta pensando in questi giorni di cambiare strategia puntando su un altro provvedimento che è stato appena approvato, il disegno di legge Madia di riforma della pubblica amministrazione, che contiene due specifici articoli, uno sulle società partecipate ed uno sui servizi pubblici locali. I relativi decreti attuativi dovrebbero essere tra i primi ad essere emanati. Sarà quindi l’esecutivo a impostare direttamente la riforma.
I SINDACI Ma come si pongono i Comuni, che sono tra i più diretti interessati? Guido Castelli, sindaco di Ascoli e responsabile Anci per la finanza locale esprime disponibilità ma chiede al governo maggiore chiarezza sugli obiettivi dell’operazione.
«Sulle partecipate c’è una certa demagogia, se ne parla in modo indistinto, come se fossero tutte uguali. In realtà dietro il famoso elenco di 8 mila società ci sono cose molto diverse tra loro - spiega Castelli - Parliamo di fondazioni, di consorzi, di società strumentali, di altre che si occupano di servizi pubblici locali». Ma i sindaci ritengono realizzabile l’obiettivo del governo di realizzare significativi risparmi dal riordino? «Per essere credibili bisogna chiarire gli obiettivi. Dobbiamo capire se vogliamo usare questa operazione per ridurre la spesa pubblica e il debito, oppure per cancellare il cosiddetto “socialismo municipale” o ancora per rilanciare la politica economica del Paese. Sono obiettivi non necessariamente sovrapponibili». In concreto secondo Castelli c’è il serio rischio che la riduzioni di spesa non si materializzi: «Anzi, in una fase iniziale c’è il rischio che, al contrario, servano risorse aggintive. Ad esempio per liquidare le società strumentali sono necessari ammortizzatori sociali che permettano di gestire il personale».

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