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Data: 28/07/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Stretta sugli scioperi, il governo aspetta il parlamento e il via libera dei sindacati

ROMA Niente blitz per decreto. La stretta sugli scioperi arriverà, se arriverà, solo dopo l’estate. L’effetto Pompei-Atac-Alitalia, i tre casi choc che in rapida successione hanno causato gravissimi disagi a cittadini e turisti, è di fatto evaporato nel caldo di questa estate infinita. Il problema resta in tutta la sua evidenza e gravità, ma l’esecutivo, svanita l’indignazione iniziale, non intende, almeno per ora, accelerare i tempi. Da una parte, come accaduto proprio ieri con i tagli alla sanità, ci sono le turbolenze interne alla maggioranza a consigliare di non forzare la mano. Dall’altra, la volontà di far intervenire direttamente il Parlamento in una materia sensibile, quella appunto della regolamentazione del diritto di sciopero, protetta dai principi costituzionali.
STRADA LUNGA

Semmai, in questa fase di passaggio, si cercherà di far rispettare le regole che già ci sono - sanzioni e precettazioni comprese - affinché ”scioperi bianchi”, agitazioni senza preavviso e altre tipologie di proteste ai limiti di legge, non si ripetano ancora. Pugno duro, almeno a livello teorico, anche con chi si rifiuta di timbrare il cartellino, come gli autisti dell’Atac.
Difficile immaginare se tutto ciò sia sufficiente ad evitare altre brutte figure a livello internazionale, sta di fatto però che i margini di manovra sono molto ridotti.
Anche perché il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, tra i primi a parlare della necessità di studiare nuove regole, soprattutto nel settore dei trasporti pubblici, è convinto che i sindacati maggiori, Cgil, Cisl e Uil, debbano essere coinvolti nella riforma. Per evitare strappi e contraccolpi pericolosi. Del resto non si tratta di una questione ideologica, ma di trovare una via d’uscita di buon senso. Perché è assurdo che una sparuta minoranza di lavoratori blocchi un’intera città o paralizzi Pompei o metta in ginocchio Alitalia nei giorni boom del turismo.
L’opinione pubblica, si sa, è fin troppo d’accordo. La minoranza Dem meno. Dare un segnale chiaro, in vista del Giubileo e con l’Expo in pieno svolgimento, non sarebbe un errore e avrebbe un impatto a livello internazionale.
LA PROPOSTA

La riforma Delrio è di fatto pronta, anche se non piace ai sindacati. Si tratta, come noto, di una revisione soft della legge sugli scioperi che mette al primo punto la necessità di sottoporre a referendum tra i lavoratori la possibilità di scioperare o meno, dando il via libera alle agitazioni solo con il 51 per cento dei consensi. Tagliando fuori le minoranze che spesso, dice il ministro, «condizionano la vita di una città quando la stragrande maggioranza dei lavoratori ha opinioni ben diverse». A pagare, è noto, sono sempre i più deboli, i pendolari, i cittadini che devono per forza di cose utilizzare i servizi pubblici.
Serve in sostanza un cambio di rotta. Ssenza ledere, è evidente, i principi costituzionali e il conseguente diritto di astenersi dal lavoro in determinate circostanze.

Le nuove regole si basano su una premessa quasi scontata, condivisa anche dai sindacati. La decisione di bloccare una città deve riscuotere il consenso della maggioranza dei lavoratori. Perché si tratta di una scelta pesante, con un impatto forte sulla cittadinanza. E poi, ha spiegato spesso il ministro, si fa così in tutta Europa, in Germania in particolare. Per questo motivo, a giudizio del ministro, la scelta di proclamare uno sciopero in un settore pubblico così delicato come i trasporti dovrà essere messa ai voti. Se la Uil è possibilista, la Cisl invece non ci sta. «Non sono d'accordo col ministro Delrio sul 50% di rappresentatività per poter fare lo sciopero» - spiega Giovanni Luciano, segretario generale della potente Fit-Cisl. «Chi è d'accordo - aggiunge - significa che vuole il sindacato unico. Nessuno ha da solo il 50% di rappresentatività». No anche ai referendum preventivi perché «è evidente che sarebbero di difficilissima praticabilità nei trasporti». Se in Italia si contesta la soglia del 50%, in Germania il tetto è invece al 75%, mentre in Inghilterra - dopo uno sciopero di due giorni della metropolitana di Londra - il governo conservatore della Gran Bretagna sta pensando di introdurre il referendum obbligatorio che farebbe scattare lo sciopero solo se i sì dovessero superare il 65% dei consensi.

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