L'AQUILA Poltronifici e «uffici di collocamento», dove si spende tanto e si incassa poco, dove si aggirano le gare ad evidenza pubblica con gli affidamenti in house e si produce poco lavoro (rispetto al valore) e tanto consenso elettorale e dove le uscite sono sempre più, in alcuni casi spaventosamente di più, delle entrate. Sono i carrozzoni delle partecipate (interamente o parzialmente) comunali, finite sotto la lente di ingrandimento della Corte dei Conti che ha bollato anche l'Abruzzo tra le sette regioni in rosso (insieme a Umbria, Lazio, Molise, Campania, Calabria e Sicilia), quelle cioè dove la spesa è fuori controllo e lo squilibrio tra utili e perdite è fortissimo.
DISAVANZI ESORBITANTI
L'Abruzzo, insomma, nella mappa degli sprechi si allinea a pieno titolo nel Sud di Italia e registra cifre da capogiro: su un valore di produzione che supera di poco i 500 milioni di euro, il costo della produzione è di circa 27 milioni di euro in più e di questi oltre 176 milioni di euro sono solo per il personale. Il tutto a fronte di un utile netto che supera di poco i 6 milioni di euro e perdite che, al contrario, arrivano ad oltre 43 milioni e mezzo di euro.
LE PARENTOPOLI NASCOSTE
Meglio non va, anzi va molto peggio, per le società a totale partecipazione pubblica, dove ad incidere sui debiti di questi serbatoi di lavoro riservati spesso ad amici e parenti, è in particolare il costo del personale: in Abruzzo su 140 milioni di euro di costo di produzione (138 milioni il valore prodotto), ben 46 milioni (quasi il 30% a fronte del 21% della media nazionale) è impegnato per i salari dei dipendenti. Non stupisce quindi che a fronte di 1,7 milioni di utile, si registrino quasi 7 milioni di euro di perdite. L'Abruzzo, secondo l'indagine della Corte dei Conti, è una delle quattro regioni (con il Molise, la Calabria e la Sicilia), dove il costo unitario della produzione è maggiore del valore unitario della produzione: in pratica il Mol (margine operativo lordo) sintomatico di una gestione in utile, è inesistente. «La considerazione che si tratta di analisi su dati aggregati, riferite a realtà economiche diversificate - scrivono i giudici contabili -, non consente di inferire che tali organismi siano funzionali a mere esigenze di carattere occupazionale, piuttosto che allo svolgimento di servizi essenziali per le comunità territoriali».
IL SOSPETTO FONDATO
Insomma la Corte non può dirlo, ma sospetta che molte partecipate servano solo a creare posti di lavoro al di là delle necessità e dell'efficienza dei servizi offerti. E in Abruzzo il personale impiegato nelle partecipate comunali è di 2.278 maestranze, con il record assoluto in Italia per costo pro capite: 63.561 euro (la media è di 42mila euro), con un incidenza sul costo e sul valore della produzione rispettivamente del 33,51% e del 35,30% (a fronte di una media nazionale che si attesta sul 21,83% e sul 20,31%). Le partecipate registrano poi nella nostra regione crediti per 508 milioni di euro, a fronte di debiti per 764 milioni, con un quoziente di indebitamento di 1,52 (la media nazionale è di 1,41), senza contare che spesso i creditori sono proprio i soci-Comuni, che quando sono l'unico socio possono arrivare a perdite fatali. E' il caso della Truentum Srl di Colonnella che con 1 milione e 420 mila euro di perdite è stata posta in liquidazione volontaria. La Corte dei Conti ne elenca 20 di partecipate totali in Abruzzo, tra cui, per perdite, spiccano, oltre alla Truentum, quelle del capoluogo di regione: la Aquilana società multiservizi (con 2 milioni e 295mila euro di perdite), il Centro turistico del Gran Sasso (639mila euro), l'Azienda della mobilità aquilana (569mila euro), l'Azienda farmaceutica municipalizzata (236mila euro) e la Servizi elaborazione dati (47mila euro di perdite). Nell'elenco anche la Teramo lavoro Srl (406mila euro), la Notaresco patrimonio (20mila euro), la Notaresco distribuzione gas (5mila euro), la Non solo golf di Miglianico (circa 2mila euro) e la Maiella servizi di Roccamontepiano (500 euro).