Qualche settimana fa, in un illuminante articolo, il vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, Giovanni Legnini, argomentò da par suo sul rapporto tra decisioni dei giudici e vita delle imprese, all'indomani dei provvedimenti di sequestro preventivo presso l'Ilva e Fincantieri, chiedendosi tra l'altro, se fosse da escludersi ogni altra misura diversa dal sequestro preventivo, se si fossero valutati gli effetti del "proprio rendere giustizia", e se si può ipotizzare che il potere giudiziario, pur nel rigore costituzionale, concorra "alla ripresa del paese". Ormai un decennio fa (molta acqua è passata sotto i ponti), il Comune di Pescara cercò di assumere progetti ambiziosi e di realizzarli, unicamente per la crescita della città e a beneficio dei cittadini. Mi riferisco all'area di risulta, agli accordi di programma concernenti l'urbanistica contrattualizzata e alla copertura del Teatro dedicato a Gabriele D'Annunzio. Contestualmente a questo attivismo amministrativo e realizzativo, criterio solitamente meritorio nella performance valutativa di una classe dirigente degna del nome, indagini importanti, portate avanti da valenti professionalità nell'esercizio delle loro alte funzioni, coinvolsero clamorosamente quelle Istituzioni. La legittima esigenza di dimostrazione della verità, svolta con competenza, portò all'acquisizione di atti e documenti, quali strumenti necessari alla complessa attività di accertamento, provocando il blocco emotivo dell'attività amministrativa. Da quei fatti, tutti i procedimenti si sono conclusi con la validazione delle condotte personali, amministrative e politiche. Ma se ha vinto la giustizia non si può escludere che abbia perso la città di Pescara. I suoi cittadini, deprivati del frutto realizzativo, hanno pagato dieci lunghi anni di immobilismo che ha oggi la fattezza tragicamente fisica dell'area di risulta: 129 mila metri quadrati di zolle di asfalto ed erbacce, tipico scenario da landa desolata nel cuore di una città che pure ha fatto del modernismo una scelta metodologica. Un vulnus considerevole per gli investimenti, un effetto domino sulla crescita generale di Pescara. Con il risultato di aver perso per sempre 25 milioni di euro per la copertura del Teatro D'Annunzio. Certo, il Teatro D'Annunzio non è l'Ilva, ma la sostanza non cambia se posta all'interno di scenari economici e aspettative di crescita, mi pare, ugualmente valoriali e attenzionati dalle fonti normative. Prospettive che, nessuno può escluderlo per le più diverse ragioni, potrebbero riproporsi per altre opere pubbliche. Potrei citare il caso de La City, sul quale esiste un esposto alla magistratura a firma di un gruppo politico di minoranza. Ma allora mi pongo la domanda su come debba e possa risolversi, in termini di corretta convivenza, costituzionalmente tutelata, l'esigenza dell'amministratore pubblico, che ha l'ambizione di far crescere la comunità che amministra, e l'esigenza della giustizia che deve accertare la verità. Soggetti attivi nella condivisione degli obiettivi di progresso economico del nostro sistema Paese, e, a vario titolo, garanti della parità di opportunità e dell'integrale rispetto delle leggi. Alla luce di questi ragionamenti e, direi anche, con lo stato d'animo di favorire una serenità di confronto, non è peregrino proporre che se l'autorità giudiziaria deve fare il suo corso, allo stesso tempo io devo continuare a produrre azioni amministrative. Per quello che mi riguarda, se ci saranno condotte illecite, sarò il primo a farle emergere, anche ipotizzando forme di collaborazione avanzate con la funzione giurisdizionale. Tuttavia, allo stesso tempo non mi sottrarrò all'impegno di produrre delibere che aiutino il progetto realizzativo di una struttura che ha diversi punti di forza. Abbattere i costi passivi e allinearsi alle norme in vigore sul controllo della spesa pubblica, riqualificare un'area della città di Pescara, risolvere sul piano organizzativo-funzionale il deficit di razionalità nel rapporto tra luoghi decisionali e operativi, oggi atomizzato in ben sessantadue sedi, presentare un'idea unitaria di Regione che, nella percezione di cittadini e portatori di interesse sia facile da raggiungere, facile da verificare, facile da pensare in sinallagma con i principi di trasparenza dell'agire pubblico e di stringente corrispondenza tra direttiva impartita e iniziativa conseguente della tecnostruttura.
(*) Presidente della Regione Abruzzo