L’AQUILA Attesa, annunciata, rinviata, strumentalizzata, persino ridicolizzata. Fin dal momento dell’elezione a premier (febbraio 2014), la possibile visita in città di Matteo Renzi è argomento di dibattito vivo e di scontro politico. C’è chi si è divertito con le statistiche: sei annunci, sei dietrofront. Stavolta, e il condizionale è d’obbligo visti i precedenti non incoraggianti, dovremmo esserci. La data buona è quella di martedì, come sussurrato da attendibili fonti romane. Al momento è molto più di un’idea, ma l’agenda è ancora top secret. E’ certo che si parlerà di terremoto, ricostruzione e degli sforzi del Governo per garantire finanziamenti costanti (a novembre scorso il Pd regionale annunciò il maxi stanziamento da 6,2 miliardi). Ma soprattutto è molto probabile che il Pd abbia «caldeggiato» la presenza del premier in un momento in cui c’è nuovamente bisogno del Governo per trattare con l’Europa l’incredibile vicenda degli aiuti prima concessi alle imprese dopo il terremoto e ora chiesti indietro laddove non confacenti ai danni subiti. Una nuova vertenza sulla quale L’Aquila chiederà l’impegno diretto di Renzi per evitare un’ulteriore tremenda mazzata. La storia delle visite «fantasma» è ricca di precedenti. All’inizio s’era detto che sarebbe stato strategicamente corretto attendere prima segnali concreti del governo in tema di ricostruzione. Poi, all’atto dell’annuncio dei famosi 6 miliardi, sembrava tutto «apparecchiato » per quello che doveva diventare sì un momento di interlocuzione, ma anche del «giusto» tributo. E invece niente. In mezzo ci sono stati il Nepal («Perché lì sì e qui no?» puntualizzò l’opposizione), l’Adunata degli alpini («Vedrete, farà un blitz come a Pordenone»), due anniversari del sisma (2014 e 2015), un «verrà entro l’autunno», «No, entro fine anno» e infine «entro l’estate». La visita (con Legnini al seguito?) avrebbe un ulteriore importante significato in piena Perdonanza. Il momento della pacificazione