RIMINI Ripresa economica, tasse, risse e ritardi. Il gran tour di Matteo Renzi sulla costa adriatica, tre città in sei ore, riprende le fila della politica e mette sul piatto i temi caldi per l’Italia e il governo. Prima Rimini, poi Pesaro e L’Aquila, c’è tempo per parlare di tutto. E così fa Renzi, lasciando prudentemente da parte la questione delle unioni civili (siamo pur sempre al meeting di Cl) e i funerali di Casamonica. Il mondo avanza e l’Italia arranca? Colpa di vent’anni dominati da berlusconismo e antiberlusconismo, che hanno «trasformato la seconda Repubblica in una rissa permanente ideologica» e hanno messo «il tasto “pausa” al dibattito italiano facendoci perdere occasioni clamorose. Ora il nostro compito è di rimetterci a correre. E’ come se le riforme siano un corso accelerato per rimettere l’Italia in pari».
GIÙ LE TASSE
Si comincia dal fisco. «Eliminare la componente costo del lavoro dall’Irap è una cosa di buon senso, ma ancora non basta. Il prossimo anno togliamo Tasi e Imu per tutti». Potrebbe sembrare una mossa alla Berlusconi, aggiunge il premier.
«C’è l’idea che il governo abbassi le tasse solo per il consenso e c’è un pregiudizio: chi fa il premier è solo per garantirsi un proprio futuro. Noi siamo abituati ai politici che stanno per generazioni e invece noi dopo due mandati lasceremo». Nel frattempo il governo agirà sulla leva fiscale: «Abbassare le tasse è una scommessa che non si fa solo un anno. Nel 2014 gli 80 euro, un intervento che rimane per sempre, poi il costo del lavoro nel 2015, il prossimo anno togliamo Tasi e Imu. Poi nel 2017 l’Ires, la tassa sulle imprese oggi al 31% per portarla al 24%. E nel 2018 l’Irpef», elenca Renzi. Qui, aggiunge, «non si tratta di estrarre il coniglio dal cilindro ma di garantire equità sociale». E cita Michelangelo: «Quando, davanti al David, gli chiesero come avesse fatto un tale capolavoro rispose: “Ho tolto quello che c’era in più. Questo dobbiamo fare, ed è solo l'inizio». Anche perché «la ripresa oggettivamente c'è, e i segnali vanno colti. Siamo bravi a fare i Tafazzi, non è possibile che non vediamo i segnali di positività, benché oggettivamente alla ripresa manchi una parte del Sud».
L’AFFONDO
Il lavoro sulle riforme farà la differenza. «L’Italia può giocare un ruolo nell’Europa che cambia, ma a condizione che sia essa stessa a cambiare». C’è l’Italicum, che definisce «una rivoluzione». La legge elettorale «è il primo tassello per riuscire finalmente a governare e non difendersi dagli assalti della minoranza o dell’opposizione». Bollata invece come una «discussione incredibile» quella relativa al Senato, alimentata da chi sostiene che «se non c’è elezione diretta è a rischio la democrazia». Errore colossale, afferma Renzi: «Votare tante volte non significa più democrazia. Quello è il Telegatto. Moltiplicando le poltrone si fanno contenti quei politici, non gli elettori». Nessun timore per la mole di emendamenti presentati dall’opposizione e dalla minoranza del Pd sulle riforme costituzionali: «Ci portano mezzo milione di emendamenti, una risata li seppellirà». Dice Renzi: «Non ci faremo fermare da qualche cultore del blocco», perché l’Italia ha bisogno di rimettersi in movimento.
E lancia un avvertimento a Salvini: «Un politico vuole bloccare il Paese per tre giorni a novembre... ma sono vent’anni che la stanno bloccando! E la risposta, invece, è rimetterla in moto». E’ la «positività del reale» che vince sul «provincialismo della paura: l’Italia è tornata a crescere anche se lo 0,5% ancora non basta» e resiste anche al crollo della borsa cinese. «Se smettiamo di piangerci addosso il Paese può ripartire».
L’esordio da Cl tra gli applausi, poi le proteste a L’Aquila
RIMINI Doveva essere la passerella perfetta. Il debutto con applausi al meeting di Comunione e liberazione, poi il progetto del viaggio in cento teatri lanciato dal palco del Rossini di Pesaro per spiegare alla gente ciò che fa il governo, infine la missione a L'Aquila ancora ferita dal terremoto. Ma solo la prima tappa fila liscia, tra strette di mano e foto con le giovani volontarie di Cl che gli offrono il programma della manifestazione. Con un consiglio: «Tenga presidente, questo fa miracoli».
Si riparte e il clima cambia. A Pesaro una triplice contestazione accoglie Renzi, ad attenderlo ci sono attivisti della Lega, i movimenti che si oppongono alle trivellazioni del sottosuolo, rappresentanti del mondo della scuola e i simpatizzanti 5Stelle. Sono duecento e inseguono il presidente del Consiglio con urla, cori e improperi mentre se ne va in auto.
CALCIO E AFFARI
E' solo un assaggio di ciò che accadrà poco dopo a L'Aquila, fuori dalla nuova sede del Comune si arriva allo scontro. I manifestanti hanno cartelli e striscioni, rifiutano un incontro proposto da Renzi e il premier tira dritto fino al Gran Sasso Science Institute. Dove dice: «No agli annunci choc, no agli annunci show, no alle comparsate, no alla spettacolarizzazione dell'Aquila. Da qui al 31 dicembre siamo pronti a firmare un patto, tu mi dici cosa stai facendo come Regione, io ti dico cosa facciamo come governo. Un impegno che vale due anni, lo verifichiamo dopo un anno». Alla fine per il premier la foto migliore della gionata è quella di Rimini.
«Non volevo venire, lo dico con franchezza - afferma dal palco - non per un fatto ideologico. I miei predecessori a Palazzo Chigi hanno sempre scelto di venire, qualcuno perché considerava questa come un'importante piazza politica da non perdere».
E in effetti lo è: fuori dal salottino degli incontri riservati c'è la fila, Renzi incontra informalmente imprenditori, politici locali, gli sponsor del meeting come l'amministratore delegato di Ferrovie Michele Elia e i vertici di Cl. Il presidente di Federlegno Roberto Snaidero ne approfitta per chiedere l'estensione del bonus per l'acquisto dei mobili, con il preside dell'Università europea di Firenze Joseph Weiller si discute della partita Fiorentina-Milan.
Accanto a Renzi c'è il suo braccio destro Marco Carrai, tra gli ospiti selezionati la neopresidente della Rai Monica Maggioni. E a fare da gran traghettatore tra gli stand l'ex ministro Maurizio Lupi. Se Cl, come a Roberto Formigoni, non gli ha concesso l'onore del palco, lui con il premier al fianco si è preso la scena.