ROMA Stavolta lo certifica anche l’Istat: l’occupazione sta aumentando e l’esercito dei disoccupati si sta assottigliando. Un fenomeno che riguarda tutti: uomini, donne, ultracinquantenni e anche i giovani. Luglio è stato un mese generoso: il tasso di disoccupazione generale è calato al 12%, mezzo punto in meno rispetto a giugno e quasi un punto più giù (-0,9 per l’esattezza) su base annua. È un risultato più che positivo, che riporta l’asticella esattamente a due anni fa: era al 12% anche nel luglio del 2013. In termini di trend, abbiamo fatto meglio della media europea, che ha visto un miglioramento dello 0,2% (tasso di disoccupazione al 10,9%).
Certo restano ancora in giro oltre tre milioni di disoccupati, ma il recupero sembra avviato: l’esercito ha perso in un solo mese 143.000 unità (217.000 su base annua). E così moltissimi ieri sono stati i commenti entusiasti, soprattutto tra le file della maggioranza e del governo (dal premier ai vari ministri). Mastica amaro invece l’opposizione, mentre i sindacati prendono atto del dato positivo ma mantenendo una certa cautela. Il leader Cisl, Anna Maria Furlan, ha parlato di «dati incoraggianti», ma ha sottolineato che «è ancora presto per cantare vittoria». Il numero uno Cgil, Susanna Camusso, chiede «un impegno forte delle istituzioni» per rafforzare la tendenza «ancora marginale». Il segretario generale Uil, Carmelo Barbagallo, si rammarica dell’aumento del divario Nord-Sud. Cautela anche tra gli imprenditori, con il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, che si augura un consolidamento del trend, visto che in passato è accaduto che «un mese era positivo e l’altro negativo».
PIÙ OCCUPATI
Al calo della disoccupazione si accompagna un aumento del tasso di occupazione (cosa che non sempre accade) che si attesta al 56,3%. Un livello che non si toccava dal novembre 2012. In termini percentuali il progresso può sembrare lieve (+0,1 rispetto a giugno, +0,7% rispetto a luglio 2014), ma in termini assoluti i numeri iniziano ad essere significativi: in un mese ci sono stati 44.000 occupati in più, quasi 1.500 al giorno comprese domeniche e festivi. Si tratta di una decisa accelerazione, visto che nell’anno gli occupati sono aumentati di 235.000 unità. Sono numeri diversi da quelli forniti dal ministero del Lavoro, perché l’Istat conta le “teste” non i contratti (la stessa persona potrebbe avere anche più di un contratto). Ma la tendenza, bisogna ammetterlo, è la stessa: qualcosa si sta muovendo, la ripresa sta iniziando ad avere i suoi effetti anche sul mercato del lavoro. E finalmente qualcosa si muove anche per gli under 25.
LA RIMONTA DEI GIOVANI
«La stima degli occupati 15-24enni - spiega l’Istat - aumenta del 2,6% su mese (+22 mila) e il tasso di occupazione giovanile sale di 0,4 punti al 15,2%». Insomma, dei 44.000 posti in più di luglio, esattamente la metà sono andati ai giovani. Giù anche il tasso di disoccupazione giovanile, pur restando altissimo e drammatico: -2,5 punti su giugno (-2,6 su base annua). Ora è al 40,5%, anche in questo caso si tratta di un balzo di due anni esatti (luglio 2013). In un mese i giovani alla ricerca di un’assunzione sono diminuiti di 51 mila persone (7,6%). Il dato torna se guardiamo anche quello dei giovani inattivi (non cercano lavoro): a luglio sono aumentati dello 0,6% rispetto a giugno, che in termini assoluti significa 27.000 ragazzi. Anche a livello generale, in realtà, gli inattivi sono in aumento: hanno rinunciato a cercare lavoro 99.000 persone, soprattutto donne (+0,3% rispetto a giugno). Il saldo su base annua resta comunque positivo (-87 mila persone inattive).
L’Istat ha fornito anche i dati relativi al secondo trimestre: il tasso di disoccupazione è al 12,1% (-0,1% su base annua). Si amplia però il divario territoriale, con un Sud che arriva al 20,2% di disoccupazione contro il 7,9% del Nord e il 10,7% del Centro. Sono 180.000 in più gli occupati del periodo. L'aumento riguarda maschi e femmine e coinvolge soprattutto il Mezzogiorno (+2,1%, 120 mila unità) e gli ultra cinquantenni. Una conferma , quest’ultima, di un trend iniziato con le varie riforme delle pensioni che hanno inasprito i requisiti di accesso.