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Pescara, 23/11/2024
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Data: 02/09/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
L’Italia cresce più del previsto consumi in ripresa migliora il lavoro. Nel secondo trimestre dell’anno il Pil sale dallo 0,2% allo 0,3%. Squinzi: «È solo merito del petrolio e della Bce».

ROMA A cambiare la percezione dell’andamento economico, e l’umore del governo, è bastato poco. Un solo decimo di punto percentuale di aumento nell’andamento del prodotto interno lordo italiano nel secondo trimestre di quest’anno. Il 14 agosto scorso, quando l’Istat aveva diffuso il dato preliminare, la stima era stata di uno 0,2% di incremento congiunturale, cioè rispetto al trimestre precedente. I conti definitivi dell’Istituto di statistica, diffusi ieri, hanno rivisto la cifra al rialzo portandola allo 0,3%. Ma tanto è bastato, insieme al dato positivo sull’occupazione cresciuta a luglio di 44 mila posti con 143 mila disoccupati in meno, a cambiare totalmente la musica. Il decimale di punto in più permette all’Italia di non essere più l’ultimo vagone del carro europeo, ma di piazzarsi al centro del convoglio. La crescita media del Vecchio continente nel secondo trimestre è stata, appunto, dello 0,3%. Certo, è ancora una ripresa asfittica, ma comunque erano dieci anni, dal 2005, che l’Italia non cresceva per due trimestri consecutivi di più o in linea con l’Europa. L’altra buona notizia per governo e Tesoro, è che la crescita acquisita per tutto l’anno è dello 0,6%. Significa che se nei prossimi mesi il Paese si fermasse, comunque il 2015 si chiuderebbe con questo incremento del Pil, non lontano dallo 0,7% indicato dal ministero dell’Economia nell’ultimo documento di economia e finanza. Non a caso ieri il ministro Pier Carlo Padoan ha commentato su Twitter che «Con stime ragionevoli e affidabili le finanze pubbliche sono sotto controllo e ci permettono di dare respiro alla ripresa».
LE REAZIONI Più freddo, anzi gelido, è stato ancora una volta il commento del presidente degli industriali Giorgio Squinzi. «La crescita del Pil dello 0,3% non basta», ha detto, «anche perché non è merito nostro ma è dovuto solo al dimezzamento del prezzo del petrolio, al rafforzamento del dollaro e al Qe (il Quantitative easing, l’immissione di liquidità della Bce, ndr)». Insomma, se ieri per tutta la giornata la maggioranza che sostiene il governo ha assegnato il merito del dato alle riforme messe in campo, il leader degli industriali ha sostenuto esattamente il contrario, e cioè che l’Italia non ha fatto pulizia e che se non si fanno le riforme non è possibile crescere. L’intervento di Squinzi non è bastato però, a togliere il buon umore a Palazzo Chigi. Al governo sono convinti che nei prossimi mesi le cose andranno bene, anche meglio del previsto. I dati lo confermerebbero. L’aumento del Pil del secondo trimestre è stato trainato soprattutto dai consumi interni, con la spesa delle famiglie che è cresciuta dello 0,4%. Dopo anni a stringere la cinghia gli italiani hanno ricominciato a comprare. Soprattutto auto. La spesa per i beni durevoli è rimbalzata del 9,2%. Prima dell’Istat sono i dati delle immatricolazioni a confermare questo andamento positivo, con incrementi mensili che sono ormai stabilmente a doppia cifra e un mercato a fine anno previsto in oltre 1,5 milioni di vetture. Nel prossimo trimestre, poi, potrebbero esserci delle sorprese positive dal turismo. La stagione pare sia andate molto bene. Padoan rimane prudente, ma a Palazzo Chigi nella squadra economica del premier in più d’uno è convinto che l’anno si possa chiudere con un aumento del prodotto interno lordo superiore allo 0,7% indicato nei documenti ufficiali. Un primo banco di prova per capire le reali aspettative del governo, sarà il 20 settembre prossimo, quando il Tesoro, che ieri ha anche incassato un dato sul fabbisogno in calo di 19 miliardi nei primi otto mesi, dovrà presentare la nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, l’ultimo atto da qui a fine anno per alzare l’asticella. In realtà la vera scommessa, a questo punto, non riguarda tanto il dato del 2015. La vera attesa riguarda le stime per il 2016, attualmente indicate dal governo all’1,4%. Bisognerà capire se le nubi che si stanno addensando sull’economia globale, a cominciare dalla crisi cinese, porteranno tempeste o solo temporali passeggeri.

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