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Pescara, 23/11/2024
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Data: 02/09/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Renzi-Padoan: ora via la Tasi Ma sulle tasse è lite con la Ue Nel primo vertice sulla legge di stabilità ribadita l’abolizione dell’imposta sulla casa. Fonti anonime di Bruxelles: non è in linea con le nostre direttive. Gozi: decidiamo noi.

ROMA «Cresce il Pil, crescono gli occupati, meno disoccupazione. Le riforme servono». Matteo Renzi incassa i nuovi dati Istat e celebra con l’immancabile tweet «le buone notizie» sul fronte economico.
I dati di inizio agosto, che parlavano di una crescita fragile e stentata allo 0,2% nel secondo trimestre, avevano lasciato il premier con l’amaro in bocca. Ora invece l’Istat parla di 235mila occupati in più in un anno («merito del Jobs Act, che funziona», celebra Renzi) e si corregge portando la crescita allo 0,3%, in linea con le previsioni del governo. E soprattutto con la media dell’Eurozona. Un risultato che Renzi celebra con una metafora ciclistica: «Negli ultimi anni è come se l’Italia avesse bucato la ruota in discesa e il gruppo dei Paesi europei andasse molto più forte. Oggi non siamo la maglia rosa, ma siamo tornati nel gruppo. L’Italia riparte».
Di questo Renzi ha parlato con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, nella prima riunione dedicata a imbastire la legge di stabilità. La manovra che, come è stato confermato nel vertice, porterà alla cancellazione della Tasi e dell’Imu per tutti il prossimo anno.
LO STOP DI BRUXELLES
Da Bruxelles però ieri è arrivato un primo stop. Proprio mentre a Palazzo Chigi si svolgeva il vertice economico, fonti anonime della Commissione hanno fatto sapere che la cancellazione della tassa sulla casa è contraria alle raccomandazioni elaborate dall’Unione: «E’ ben noto che il Consiglio ha raccomandato che l’Italia sposti sugli immobili e i consumi il carico fiscale che grava su lavoro e capitali».
Un altolà, tra l’altro informale, che non ha per nulla impressionato Renzi e Padoan. Da tempo il premier sostiene che la politica economica europea «deve cambiare», che «serve il coraggio della crescita e non il rispetto ossessivo di parametri». E ieri da Palazzo Chigi un consigliere ha aggiunto: «In Italia decidiamo noi e non Bruxelles. Se vogliono si facciano eleggere e poi vengano loro a gestire il Paese...». «Il governo», ha aggiunto il sottosegretario all’Europa, Sandro Gozi, «ha tutta l’autorevolezza e la credibilità per proseguire in piena autonomia il percorso riformatore e quindi anche il taglio delle tasse. Le fonti anonime di Bruxelles piuttosto dovrebbero affrontare il dramma delle morti nel Mediterraneo e dei treni carichi di migranti».
Insomma, si annuncia battaglia. E la battaglia sarà soprattutto sulla flessibilità. In gioco ci sono circa 5-6 miliardi, utili proprio per tagliare la Tasi e l’Imu. Per arrivare a questa cifra il governo sta pensando di giocare una carta inedita: la clausola per gli investimenti. Per il 2016 Roma ha già sfruttato quella per le riforme strutturali, pari a 6,4 miliardi a uno 0,4% del rapporto deficit-Pil. Tant’è che il prossimo anno l’Italia farà segnare un rapporto dell’1,8%, contro il previsto 1,4%. E dunque difficilmente potrà battere ancora sul quel tasto. Ma, grazie a un lavoro di scouting di Padoan e dei tecnici dell’Economia, il governo ha scoperto di poter ricorrere alla clausola per gli investimenti. «Prima si pensava che non fosse cumulabile con quella per le riforme e che comunque l’importo totale non potesse superare lo 0,5% del Pil. Ora, invece, abbiamo scoperto che c’è la possibilità del cumulo e che probabilmente potremo spuntare uno scostamento dello 0,6%», dicono al Tesoro. Traduzione: palazzo Chigi punterà a ottenere dalla Commissione europea la possibilità di stanziare in investimenti 3,2 miliardi.
Ma per strappare più flessibilità, il premier ha bisogno di andare avanti con le riforme: «Senza di esse perderemmo slancio, competitività e credibilità». E la prima riforma da portare a casa è quella del Senato, contro cui lavora la minoranza del Pd. Da qui un appello all’unità: «Ognuno può avere le proprie idee politiche, ma oggi è fondamentale che tutti insieme diamo una mano».
C’è chi sostiene che tra i destinatari dell’appello ci sia anche Silvio Berlusconi e non soltanto Bersani & C.

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