ROMA Matteo Renzi quasi non credeva ai suoi occhi quando, l’altra sera, ha letto che «fonti anonime» della Commissione europea avevano bocciato l’idea di cancellare Tasi e Imu sulla prima casa. «A Matteo è subito apparsa un’occasione ghiotta», racconta Filippo Taddei, responsabile economico del Pd, «una palla facile facile che doveva soltanto essere schiacciata», in un periodo in cui fare la voce grossa contro Bruxelles è il modo migliore per rastrellare consensi.
LA STOCCATA DEL PREMIER
E puntualmente Renzi, ieri mattina, ha schiacciato la palla alzata dalla capitale belga. L’ha fatto con una certa virulenza parlando a Radio Rtl 102.5: «Le tasse che tagliamo le decidiamo noi. Un’Europa che si gira dall’altra parte quando ci sono i barconi pensa di venirci a spiegare cosa fare sulle tasse? Cioè, c’è qualcuno a Bruxelles che, mentre l'Italia è sostanzialmente sola a salvare vite umane e la dignità dell'Europa, pensa di fare l’elenco delle tasse che dobbiamo tagliare o non tagliare noi? Spero sia stato il caldo, probabilmente c’era caldo a Bruxelles e non lo sapevamo».
Poi, rivolgendosi direttamente agli ascoltatori: «Dal prossimo anno non ci saranno più Imu e Tasi. Italiani segnatevi la data del 16 dicembre, che è l'ultima scadenza, la seconda rata, dell'Imu e della Tasi, quello è il funerale della tassa sulla prima casa. Sarà l'ultima volta in cui gli italiani pagheranno la tassa sulla casa, punto. Questo lo decidiamo noi, non Bruxelles. Ci siamo fatti un gran mazzo a trovare le coperture, ora figuriamoci se ci mettiamo a discutere...».
In realtà la partita è ancora da giocare. E si comincerà a giocare dopo il 15 ottobre, quando il governo avrà inviato a Bruxelles la bozza della legge di stabilità che conterrà la cancellazione della tassa sulle prima casa. Che questo sia il timing è stato confermato da una gelida dichiarazione della portavoce del commissario agli affari economici Annika Breidthardt: «Siamo consapevoli delle recenti dichiarazioni del premier Renzi e non abbiamo altro da commentare. La legge di stabilità sarà valutata in autunno e la valutazione sarà basata sui fatti, su quello che ci sarà, e sulle previsioni economiche della Commissione».
A quell’appuntamento Renzi è convinto di arrivare blindato. Il perché lo spiega Taddei: «Il governo si presenterà all’esame della Commissione con in tasca un importante pacchetto di riforme, a cominciare da quella del Senato, in grado di mettere la sordina a qualsiasi obiezione. E poi, nei fatti, l’Italia ha già recepito le raccomandazioni di Bruxelles volte a garantire competitività: nel 2014 abbiamo ridotto le tasse sul lavoro con i famosi 80 euro e l’Irap sulle aziende. E nel 2017 taglieremo l’Ires sui profitti d’impresa portandola dal 31 al 24 per cento. Nel frattempo sarebbe assurdo se Bruxelles non avallasse la cancellazione di un’odiosa tassa sulla casa. Tanto più che nel frattempo saranno stati varati i decreti attuativi del Jobs Act e della riforma della pubblica amministrazione. E in ogni caso, come dice Matteo, i tagli fiscali li decidiamo noi, non gli euroburocrati».
IL NUOVO CLIMA
Insomma, con i compiti fatti e con proposte in linea con le raccomandazioni europee, Renzi è certo di non avere particolari problemi. Una convinzione dettata anche dal nuovo clima che si respira a Bruxelles: «Rispetto alla presidenza Barroso tutto è cambiato», dice un consigliere economico del premier, «Juncker non è certo il cameriere della Merkel e, come ha dimostrato in più occasioni, è favorevole a politiche economiche improntate più alla crescita e meno al rigore di bilancio». Proprio per questo Renzi spera di strappare un altro ”trancio” di flessibilità per un totale di 16 miliardi: 6,4 già ottenuti ricorrendo alla clausola delle riforme strutturali, più altri 9,4 che dovrebbero arrivare dalla clausola per gli investimenti e da quello 0,1 della clausola delle riforme non ancora sfruttati.