ROMA L’attesa di una mail, ricevuta nella notte, ha tenuto svegli migliaia di docenti. E adesso settemila di loro, sui 9mila nominati in ruolo in questa “Fase B” del piano assunzioni, dovranno lasciare la propria città per andare a insegnare altrove. Il numero lo ha fornito il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, che non vuole tuttavia sentire parlare di deportazione piuttosto di “Buona scuola”. Anzi, dice, «mentre l’anno scorso 7.700 insegnanti si sono spostati da Sud a Nord per fare una supplenza, quest’anno se ne muovono 7.000 per andare a occupare un posto fisso, per diventare di ruolo». Nel complesso sono stati assunti finora 38mila insegnanti (uno su due con meno di quarant’anni, l’87% donna): 29mila hanno avuto un contratto ad agosto e 9mila sono invece quelli che hanno ricevuto la mail nella notte tra l’1 e il 2 settembre e che adesso avranno tempo fino all’11 per accettare la proposta. Si tratta, spiega il ministro, di diecimila insegnanti in più rispetto allo scorso anno (+30%). E di questi 38.000, quasi 31mila rimarranno nelle propria città, 2.000 avranno una mobilità ridotta (tra province vicine) e 7.000, invece, la avranno più ampia e dovranno spostarsi soprattutto dalla Sicilia verso il Nord, Lombardia in testa, e dalla Campania non solo verso il Settentrione ma anche nel Lazio. Per sedare le critiche è intervento anche il premier Matteo Renzi: «Le polemiche sono naturali ma è giusto dire che sulla scuola ci sono 100mila posti lavoro in più. È la prima volta che l’Italia mette più soldi sui propri figli». Il piano non è tuttavia ancora finito. Giannini assicura che «ci sarà un secondo blocco di assunzioni, complessivamente 55 mila, entro il 15 novembre». Questo seconda trance riguarda il cosiddetto organico del potenziamento. Saranno assunzioni che deriveranno dal fabbisogno che le scuole comunicheranno tra la fine di settembre e inizio ottobre. Saranno quindi basate su quelle che sono le esigenze tematiche delle scuole e ci sarà - secondo il ministro - una ridotta mobilità: «Solo del 5-6%». L’Anief, alla luce dei dati snocciolati da Viale Trastevere, ritiene «incomprensibile» l’ostinazione di governo e amministrazione scolastica nell’opporsi all’ingresso nelle Gae, quindi nel piano straordinario di stabilizzazione, degli oltre 100mila abilitati in possesso di diploma magistrale, Tfa, Pas, diploma di Scienze della formazione primaria e titolo conseguito all’estero. In più, il presidente Marcello Pacifico fa notare che «due precari assunti su tre saranno costretti a spostarsi». Per la Cgil ci sono «iniquità». Ma il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, ribatte dicendo che è «stato dato un taglio al precariato nella scuola».
«Tutta la Calabria è finita al Nord». Amare storie dei docenti trasferiti
di Andrea Scutellà wROMA Alla fine le fatidiche 00.01 sono scattate per tutti, l’ora X della mail inviata dal “cervellone” del Miur ai precari della scuola. L’ora del posto fisso per i docenti che rientrano nella fase B del piano di assunzioni, ma anche l’ora dei trasferimenti incomprensibili. «Sono stata assunta, ma non posso dire di essere felice. Vorrei che qualcuno mi spiegasse perché sono stata trasferita da Cosenza a Genova: ho 16 anni di precariato alle spalle e ho sempre lavorato. La mia è stata una scelta: se avessi voluto partire per arrivare al ruolo l’avrei fatto anni fa. Ma ho una mamma invalida al 100% che non volevo lasciare». Non sembrano le parole di chi ha pescato un biglietto vincente alla lotteria dei precari, quelle di Maria Teresa Volpone, 42enne insegnante calabrese. «Ho un mutuo sulle spalle e un biglietto aereo Lamezia Terme-Genova costa intorno ai 200 euro. Farò la barbona, ma di ruolo». La trepidazione della vigilia l’ha condivisa con i suoi colleghi, proprio come fanno gli studenti prima di un esame. «È stato come un capodanno amaro -spiega Maria Teresa-. Ero collegata con moltissimi docenti precari nei gruppi WhatsApp, prestavo un orecchio al cellulare e l’altro al telefono fisso. Quelli che conosco io sono stati trasferiti quasi tutti: chi in Lombardia, chi in Veneto. Alla fine la Calabria se ne è andata tutta al Nord». C’è stato anche spazio per qualche sorpresa: sul telefonino di Maria Teresa la mail con la notifica della proposta di assunzione è arrivata alle 23.30 anziché alle 00.01. «Il nostro è stato un salto nel buio. Non hanno mai spiegato il vero funzionamento dell’algoritmo che ha stabilito le destinazioni, non hanno dato i numeri per classi di concorso, non è stata fatta una graduatoria unica nazionale. È mancata la trasparenza». Non c’è niente da fare: l’algoritmo e le modalità di selezione sono il bersaglio principale dei docenti trasferiti. «Il fatto che il nostro destino sia stato deciso da un computer è poco umano e poco razionale», commenta Sonia Sarli, che a 62 anni dovrà spostarsi da Taranto a Ascoli Piceno. «Per me è stato come un pugno nello stomaco», confessa l’insegnante. «Tra l’altro mi aspettavo di trovare un posto fuori: ma sul sostegno, materia per cui sono abilitata, non su esercitazioni di abbigliamento e moda». Per fortuna la docente tarantina pensa di poter ovviare al problema con un escamotage che sarà largamente utilizzato. «Prenderò una supplenza annuale sulla mia materia, così rimanderò tutto a settembre prossimo, quando chiederò l’utilizzazione sul sostegno a Taranto. Ma allora che senso ha assumermi ad Ascoli Piceno se le cattedre libere qui ci sono? Solo perché lo ha deciso l’algoritmo?». E dire che Sonia è una di quelle precarie che ha immolato il tachimetro della sua automobile al lavoro. «Facevo anche 100 chilometri al giorno tra andata e ritorno, quando mi mandavano in alcune scuole lontane della provincia. I miei figli sono grandi, ma ho una suocera di 92 anni da accudire. Se io e mio marito dovessimo partire, chi si occuperà di lei?». Come Maria Teresa ha condiviso l’attesa con le colleghe, ma oltre a lei solo un’altra è stata assunta: destinazione Lazio. Le restanti verranno rimandate alla fase C quella che mette in palio i posti “fuori cattedra”, utili al potenziamento dell’autonomia scolastica, in cui, forse, ci saranno più possibilità di restare nella propria provincia. C’è anche chi nuota controcorrente e torna, non per volontà propria, sui suoi passi. È Fabio Miceli, siciliano trasferito a Ravenna, che è stato chiamato a Caltanissetta. «Sono di Catania -racconta- ma mi sono stabilito qui da un anno. Ora ho molti dubbi se accettare o meno il posto, perché mia moglie lavora qui». Fabio non può sperare neanche nelle supplenze annuali, di cui non è risultato destinatario. Il suo appello si rivolge ai presidi, perché chiamino dalle graduatorie d’istituto.