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Pescara, 24/11/2024
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Data: 05/09/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Ai sindacalisti pensioni più alte. L’Inps: contributi più vantaggiosi rispetto agli altri lavoratori. Con le regole normali la riduzione media sarebbe del 27%.

ROMA Tocca ai sindacalisti. Dopo magistrati, poliziotti e militari, piloti, dirigenti, preti e altre categorie, l’Inps dedica una puntata della propria “operazione trasparenza” ai numeri delle pensioni dei rappresentanti dei lavoratori. Che in quanto tali non sarebbero una categoria, provenendo da vari settori di attività, ma godono comunque di regole più favorevoli rispetto alla generalità dei lavoratori, e quindi di trattamenti in proporzione più alti. Lo stesso istituto previdenziale, come avvenuto in casi precedenti, fornisce alcuni esercizi di ricalcolo, relativi ad un campione ristretto di sindacalisti del settore pubblico: i soggetti interessati vedrebbero la propria pensione lorda ridotta in media del 27 per cento, se il metodo di calcolo fosse quello generale. Il che vuol dire, simmetricamente, che il trattamento percepito è superiore più o meno del 37 per cento rispetto a quello standard.
Il punto di partenza sono i contributi versati per conto dei lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali. L’articolo 31 dello Statuto dei lavoratori riconosce a loro (come anche a quelli che vanno a ricoprire cariche elettive) il diritto all’aspettativa che può essere retribuita o meno. Nel primo caso si parla di distacco sindacale. Il distacco è molto raro nel settore privato - dove si registrano 2.773 casi di aspettativa non retribuita - ed è invece molto frequente nel pubblico impiego: complessivamente le giornate di assenza tra distacchi veri e propri e permessi rappresentano lo 0,16 per cento delle giornate di lavoro totali dei dipendenti pubblici, con un costo annuo stimato nel 2010 di 113.277.390 euro.
I CRITERI
Le regole per la contribuzione variano tra aspettativa non retribuita e distacco. Nel primo caso, visto che il rapporto di lavoro è sospeso, il sindacalista può contare sul versamento di contributi figurativi, a carico della gestione previdenziale di appartenenza e quindi della collettività. Ma ci può essere anche una contribuzione aggiuntiva versata dal sindacato se il compenso versato all’interessato supera la retribuzione figurativa, quella base a cui il lavoratore avrebbe diritto. Invece in caso di distacco sindacale retribuito, stipendio e contributi sono a carico del datore di lavoro (che nella maggior parte dei casi è lo Stato stesso). Anche in questo caso è possibile la contribuzione aggiuntiva da parte del sindacato, che si calcola sulle ulteriori indennità riconosciute al sindacalista e si aggiunge a quella figurativa, con evidente beneficio per la pensione futura.
L’Inps fa notare che la contribuzione aggiuntiva non ha effetto sulla data in cui si può accedere alla pensione, ma rende più consistente il trattamento previdenziale, una volta conseguito, in particolare per i dipendenti pubblici che rientrano nel calcolo retributivo o in quello misto (ovvero praticamente tutti finora). Questo perché i contributi in più oltre ad alimentare l’assegno futuro vengono riconosciuti con un criterio di calcolo più favorevole: ovvero rientrano nella quota A del retributivo, quella parametrata sulla retribuzione dell’ultimo giorno di lavoro e valida fino al 1992, invece che sulla quota B, introdotta dalla riforma di quell’anno e legata alla retribuzione di un periodo più lungo (di regola dieci anni), dunque più bassa. Riportando per un campione limitato di pensionati pubblici già sindacalisti la contribuzione aggiuntiva nella quota B si ottiene una riduzione media della pensione del 27 per cento, che in un singolo caso (sui 19 considerati) arriva al 66 per cento.

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