Uno dei paradossi della ripresa economica italiana è che tutto sta andando molto meglio di quanto si pensasse fino a pochi giorni fa. Lo sappiamo soltanto da poco, cioè da quando l’Istat la scorsa settimana ha rettificato significativamente i dati sul PIL e anche quelli sull’occupazione. In precedenza, predominava lo scetticismo. I dati quantitativi sembravano sistematicamente smentire gli indici di fiducia qualitativi (più orientati all’ottimismo). Gli sforzi della politica economica e delle riforme, pur importanti, parevano non dare (apparentemente) risultati pratici.
I DATI ISTAT
Nel giro di appena un’ora, tra le 10 e le 11 di martedì 1° settembre, i comunicati stampa con le rettifiche diligentemente effettuate dall’Istat, sulla base di nuove informazioni e di alcuni indicatori nel frattempo resisi disponibili (come il fatturato dei servizi), hanno invece rovesciato completamente lo scenario e le granitiche convinzioni di molti scettici. Il Pil è cresciuto più di quanto precedentemente stimato. E lo stesso è accaduto per l’occupazione. Non solo. Nella sua nota mensile l’Istat ha anche avanzato la previsione che il Pil possa aumentare di un ulteriore 0,3% nel terzo trimestre. Se così fosse, la crescita acquisita per il 2015 si porterebbe già a fine settembre allo 0,7%, cioè il traguardo che il governo aveva fissato per l’anno in corso. In altri termini, se anche poi nel quarto trimestre si registrasse una crescita zero, il Pil chiuderebbe comunque il 2015 centrando pienamente l’obiettivo programmato. Se invece, dopo il +0,3% del terzo trimestre, il quarto trimestre crescesse anche solo dello 0,2%, il Pil dell’intero 2015 chiuderebbe a +0,8%. Mentre se si verificasse quanto ipotizzato dal Centro di analisi Markit, e cioè che il Pil italiano possa aumentare dello 0,5% nel terzo trimestre, basterebbe poi una crescita aggiuntiva dello 0,2% nel quarto per spingere il dato annuale fino a +0,9%. Non è il caso di vendere in anticipo la pelle dell’orso. Facciamo però osservare che si tratta di ipotesi di crescita impensabili anche soltanto poche settimane fa, quando si dubitava persino dello 0,7%. I cosiddetti “fattori esterni” (petrolio, cambio dell’euro e QE), da molti mitizzati, c’entrano ben poco con la ripresa, che è soprattutto “interna”. La vera svolta è che stanno riprendendo i consumi delle famiglie come prova la loro serie positiva di crescita tendenziale di 5 trimestri consecutivi, dal terzo trimestre 2014, cioè da quando sono partiti gli 80 euro, fino al secondo trimestre 2015: +0,4%, +0,5%, +0,6%, +0,2% e +0,6% (sul corrispondente periodo dell’anno precedente). Proprio recentemente, del resto, una analisi di Luigi Guiso ha confermato l’efficacia del provvedimento degli 80 euro per il rilancio dei consumi.
I TRIMESTRI
Analogamente, per quanto riguarda l’occupazione, nella sua nota mensile l’Istat afferma testualmente che “i dati trimestrali dell’indagine sulle forze di lavoro hanno portato a una revisione al rialzo dell’occupazione rispetto a quanto osservato in precedenza sulla base dei dati mensili. Nel secondo trimestre 2015 l’occupazione è cresciuta dello 0,5% rispetto al trimestre precedente. L’espansione ha interessato tutte le aree territoriali e tutti i principali settori produttivi. Tale tendenza è proseguita in luglio (+0,2% rispetto al mese di giugno). Nel complesso, nei primi sette mesi dell’anno, l’incremento degli occupati ha superato le 100mila unità”.
Non è tutto. Grazie alla conoscenza dei dati trimestrali aggiornati al secondo trimestre 2015 e alle revisioni effettuate, si ha ora un quadro notevolmente più chiaro di quanto è accaduto al mercato del lavoro negli ultimi due anni e mezzo. Innanzitutto, i dati destagionalizzati ci dicono che il minimo dell’occupazione nazionale è stato toccato nel terzo trimestre 2013. In seguito, dal quarto trimestre 2013 al secondo trimestre 2015 gli occupati in Italia sono cresciuti complessivamente di 273mila unità. La maggior parte di questo recupero occupazionale è avvenuta durante il Governo Renzi (+247mila unità dal secondo trimestre 2014 al secondo trimestre 2015). In particolare, con la piena entrata in vigore di tutti i provvedimenti per il mercato del lavoro (incentivi alle assunzioni e Jobs Act), nel secondo trimestre 2015 si è avuta una grande accelerazione degli occupati, che in soli tre mesi sono aumentati di 103mila unità rispetto al primo trimestre.
LE TRE ITALIE
Ma i nuovi dati trimestrali Istat destagionalizzati ci dicono anche un’altra cosa, di grandissima rilevanza. La occupazione, infatti, è cresciuta assai più di quanto non emerga dal totale nazionale. Se prendiamo le “tre Italie” separatamente, scopriamo che gli occupati si sono ripresi prima al Centro (già dal 2 trimestre 2013) e poi al Nord (dal 2 trimestre 2014). Intanto però il Mezzogiorno continuava a perdere molti posti di lavoro, deprimendo così il totale Italia. In realtà, se consideriamo il recupero della occupazione separatamente nelle “tre Italie” da quando ciascuna di esse ha cominciato a riprendersi, osserviamo che: 1) dal 2 trimestre 2013 il Centro ha recuperato 135mila addetti; 2) dal 2 trimestre 2014 il Nord ne ha recuperati 93mila; 3) dal 3 trimestre 2014 il Mezzogiorno ne ha recuperati 110mila. In totale, da quando ciascuna delle “tre Italie” ha visto, in momenti diversi, riprendere la propria occupazione i nuovi posti di lavoro netti cumulati sono stati ben 338mila di cui 248mila durante il Governo Renzi (tra cui tutti quelli ricreati al Nord e nel Mezzogiorno).
Considerando che le “tre Italie”, sempre considerate separatamente, dai massimi pre-crisi (del 2008) ai loro trimestri di minimo (nel 2013-14) avevano perso cumulativamente 1 milione e 126mila occupati, il successivo recupero di 338mila unità ha consentito di colmare circa 1/3 dei posti di lavoro distrutti in precedenza. Dunque, alla luce di queste tendenze è lecito guardare con più ottimismo ai mesi futuri, consci dell’efficacia (finalmente dimostrata coi fatti) delle misure prese dal Governo per la ripresa economica e per il mercato del lavoro, su cui molti avanzavano ancora dubbi appena pochi giorni fa. Questi dubbi sono ora stati spazzati via dai nuovi dati e dalle relative rettifiche. Soprattutto il recupero occupazionale al Mezzogiorno, che più ha sofferto durante la crisi, deve incoraggiare a proseguire speditamente sulla strada delle riforme.