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Pescara, 24/11/2024
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Data: 09/09/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pensioni, illegittimi i tetti a quelle dei professionisti. Boeri: la mia proposta è equa, taglio del 3% l’anno per lasciare in anticipo.

ROMA Imporre un tetto massimo alla pensione di un professionista al solo scopo di contenere la spesa dell’ente di previdenza è illegittimo. A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione con una sentenza che ha bocciato il limite di 82 mila euro annui imposto agli assegni previdenziali di ragionieri e dei periti commerciali dalla loro Cassa. Ma il provvedimento non interesserà solo questa categoria di professionisti, perché quasi tutti gli enti previdenziali cosiddetti «privatizzati», quelli che pagano le pensioni ad avvocati, ingegneri, medici, giornalisti, hanno nei loro ordinamenti dei «massimali pensionabili». Ad appellarsi alla Cassazione era stato un ragioniere al quale adesso, come ha stabilito la suprema Corte, andrà ricalcolata la pensione senza tener conto del massimale. Un esercizio che la Cassa dei ragionieri dovrà ripetere per tutti coloro che si trovano nella stessa situazione. «Non si tratta di numeri elevati», spiega il presidente Luigi Pagliuca, «e l’equilibrio dei conti non è in pericolo. Il punto», sottolinea, «è un altro, ciò che dispiace è che viene data priorità alla posizione del singolo, mentre la priorità dell’ente è garantire tutti». La Corte ha stabilito anche un’altra cosa, che la prescrizione per ottenere i diritti maturati non è di dieci anni, ma di quindici. La buona notizia per la Cassa, invece, è che il ricalcolo andrà fatto solo per le pensioni maturate fino al 2007, mentre dopo quella data le pensioni sono state considerate tutte legittime.
LA DECISIONE
Alla sentenza della Cassazione di ieri se ne aggiunge un’altra, sempre di ieri, del Tar del Lazio che invece ha dato ragione all’Epa, la Cassa dei chimici su un’altra cruciale questione. Il ministero del lavoro aveva imposto alla Cassa, come a tutte le altre, la regola di rivalutazione che valorizza i contributi in base alla media quinquennale del Pil, fissando una soglia minima a zero quando il Pil è negativo come negli ultimi cinque anni. La Cassa dei chimici aveva fissato un tasso di rivalutazione maggiore e il ministero del lavoro lo aveva bocciato. Adesso il Tar ha stabilito che la media quinquennale del Pil va considerata come una soglia minima, non fissa, e quindi l’Epap, ma a questo punto anche tutte le altre Casse previdenziali, sono libere di stabilire rivalutazioni superiori ai loro iscritti per assicurare un assegno maggiore quando lasceranno il lavoro.
Sul tema della previdenza ieri è intervenuto anche il presidente dell’Inps Tito Boeri, che ha difeso a spada tratta la sua ipotesi di riforma. Partecipando ad un incontro a Bruxelles è tornato sulla proposta che ha presentato a luglio al governo. Una proposta che, ha sottolineato Boeri, non prevede «un taglio del 30% delle pensioni» e non è basata sul ricalcolo contributivo delle prestazioni. La ricetta del presidente dell’Inps prevede un assegno più leggero per chi decide di lasciare in anticipo il lavoro rispetto all’età della pensione di vecchiaia, con una penalizzazione legata a diversi parametri: gli anni di anticipo, l’andamento economico e quello demografico.
Insomma, l’ipotesi non comporterebbe un ricalcolo contributivo su tutti gli anni di lavoro, ma un meccanismo più articolato che porterebbe, alla fine, ad una riduzione media dell’assegno previdenziale del 3% per ogni anno in meno di lavoro. Una soluzione che, dunque, potrebbe essere in linea con la richiesta di Matteo Renzi di una riforma a «costo zero».

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